Halbierungsinitiative: Die schlechten Verlierer

Nachdem die NoBillag-Initiative vom Volk wuchtig versenkt wurde, haben sich die Gegner*innen des Service Public für ein paar Jahre die Wunden geleckt. Jetzt sind sie zurück mit der Halbierungsinitiative, einem weiteren Angriff auf Medien und Kultur.

Heute, am 10. August, reichen die Initianten aus dem rechtslibertären Spektrum die Initiative ein, die die Finanzierung der SRG halbieren soll. Als Scheinargument für die Definanzierung dienen die „hohen Abgaben“ für die SRG. Dies ist jedoch nur vorgeschoben. Den Initianten geht es in erster Linie um die Kontrolle der Medien. Und da die SRG weder von links noch von rechts kontrolliert werden kann – das ist zentral in der Organisation des Medienunternehmens – läuft jetzt der zweite Versuch, die SRG zu zerstören. Denn: Was man nicht kontrollieren kann, macht man kaputt.

Für uns, SzeneSchweiz, hat es aber viel mehr Gewicht als nur ein medienpolitisches: Von der SRG und ihren Partnern kommt grosse Unterstützung in die Kulturlandschaft Schweiz. Viele Produktionen wären ohne die Gelder aus dem Service Public gar nicht machbar. Kappt man der SRG die Lebensader, zerstört man auch einen wichtigen Teil der Schweizer Filmproduktionen und der Schweizer Kultur. Und nicht nur die Produktionen, auch der Zugang zur Kultur findet für viele Schweizer*innen über die SRG statt: Ob Theater, Konzert, Lesung, Kritik – die Berichterstattung über das kulturelle Leben, die kulturelle Vielfalt der Schweiz, findet auf den Sendern der SRG statt.

Es ist klar, dass die Initianten keinen Wert auf Schweizer Kultur legen, dass Produktionen, die ideelle Werte oder Nischenunterhaltung bringen, keinen Gewinn und damit in einer rein materiellen Weltsicht, keinen Wert haben. Das war damals bei der NoBillag ersichtlich und es zeigt sich auch heute wieder.

(Weiter nach dem Bild)

Reiner Trotz: Die NoBillag ging verloren, nun versuchen die Initianten das Gleiche nochmals.

 

Ein weiteres, libertäres Argument ist, wie schon bei der NoBillag-Initiative, dass private Medien ein Grossteil der Angebote besser und marktgerechter produzieren könnte. Und genau da merkt man den dissozialen Ansatz. Kein Marktmedium würde Nischenprogramme oder nur schon einen Service in Rumantsch anbieten, weil man damit einfach kein Geld verdienen kann.

Im Hintergrund unterstützt werden die Initianten von Medienhäusern, die sich von einer geschwächten SRG einen grösseren Anteil am Schweizer Medienkuchen versprechen. Aber man kann sicher sein: Die werden die volle Breite der Schweizer Kultur und der Schweizer Interessen nicht abbilden. Damit lässt sich nämlich kein Geld verdienen. Sonst bräuchte es die finanzielle Unterstützung für die SRG nämlich gar nicht.

Diejenigen, die damals eine Niederlage einstecken mussten, sind schlechte Verlierer. Sie versuchen, mit den gleichen, unredlichen Argumenten, die gleiche unrühmliche Angelegenheit nochmals vors Volk zu bringen. Mit viel Geld und einer antisozialen und antikulturellen Agenda.

Es ist uns bewusst, dass es mühsam ist, all die Argumente nochmals laut zu verkünden, aber wir bitten euch, das NEIN-Komitee zu unterstützen.

Hier könnt ihr euch informieren und engagieren:

www.pro-medienvielfalt.ch 

 

I | D Tavola rotonda sugli esordi della danza moderna e contemporanea in Ticino

Istituita nel 1982 dal comitato di danza dell‘Istituto Internazionale del Teatro (ITI) e fissata al 29.04, giorno di nascita del ballerino e coreografo Jean-Georges Noverre (1727-1810), la giornata internazionale della danza celebra ogni espressione e declinazione di questa forma d’arte. Nel tradizionale messaggio annuale, affidato quest’anno a Yang Liping, la danzatrice e coreografa di danza folk cinese pone lo sguardo sulla continuità tra tradizione e autor* odiern*.

Testo di Katja Vaghi

Similmente incentrata sulle linee della continuità orale in danza e sulla loro fragilità, è stata l’anteprima ticinese della Festa Danzante che da diversi anni ricorre per la Giornata Internazionale della Danza. Coordinato da RESO, l’appuntamento invita la Svizzera a danzare. Nella cornice dello splendido e arioso chiostro dell’ex Asilo Ciani di Lugano, l’invito proposto era alla memoria della danza e al danzare la memoria così da riportarla in vita. La danza evapora nel momento stesso in cui il gesto è portato in scena. L’unico modo per non farla sparire è incarnarne il gesto come proposto dal workshop pomeridiano e dallo spettacolo serale „Save the Last Dance“ della compagnia Alessandro Sciaroni che hanno avvicinato il pubblico alla polka chinata, tipica danza di corteggiamento, molto fisica e quasi dimenticata, eseguita fino alla Prima Guerra Mondiale esclusivamente da uomini sotto i portici di Bologna. Alla memoria della danza ticinese era invece dedicata la tavola rotonda sullo sviluppo della danza nella Svizzera italiana che ha visto la presenza di gran parte de* autor* attiv* tra gli anni ’80 e ’90.

La danza evapora nel momento stesso in cui il gesto è portato in scena.

Molti sanno della comunità di idealisti che alla ricerca di una società migliore si insedia all’inizio del XX secolo sul Monte Verità. Meno nota ne è invece l’importanza per lo sviluppo della danza moderna europea, o Ausdruckstanz. È nelle estati tra il 1913 e il 1919, in piena Prima Guerra Mondiale, che Rudolf von Laban sperimenta con un gruppo di danzatrici/i un nuovo modo di muoversi e di concepire il corpo. Le ricerche sul movimento sono poi ulteriormente sviluppate da allieve come Mary Wigman a Dresda, Susanne Perrottet a Zurigo e Katja Wullf a Basilea. Le ultime due figure, anche associate al movimento dada del Cabaret Voltaire, sono fondamentali non solo per la danza e la cultura svizzera, ma anche per una visione più ampia della funzione della danza nella società, come testimonia il fatto che Max Bircher-Benner e Carl G. Jung inviano pazienti alle lezioni della Perrottet. Cosa accade in Ticino quando queste influenti personalità della danza ripartono per la Svizzera interna e la Germania? Negli ultimi anni, l’attenzione si è concentrata su Charlotte Bara danzatrice belga-tedesca della Repubblica di Weimar, specializzata in danze sacre, che si stabilisce ad Ascona negli anni 20. L’architetto Carl Weidemeyer è incaricato di costruirle un teatro da camera in stile Bauhaus, il Teatro San Materno, realizzato tra il 1927 e il 1948. Cosa è successo invece in epoca più recente? La tavola rotonda „Noi c’eravamo“ ha voluto gettare una luce sulle radici della danza contemporanea in Ticino con l’obiettivo di comprendere il presente e considerare il futuro della danza nella Svizzera italiana. A condividere uno spaccato del proprio mondo creativo e concezione del movimento sono stati Claudio Schott, Margit Huber, Nunzia Tirelli, Claudio Prati e Ariella Vidach (AiEP).

Le ultime due figure, anche associate al movimento dada del Cabaret Voltaire, sono fondamentali non solo per la danza e la cultura svizzera, ma anche per una visione più ampia della funzione della danza nella società, come testimonia il fatto che Max Bircher-Benner e Carl G. Jung inviano pazienti alle lezioni della Perrottet.

Il punto di partenza della tavola rotonda, avviata dalla danzatrice, coreografa e ricercatrice di danza Katja Vaghi, è uno studio sul danzatore e coreografo Claudio Schott, che ha fondato la prima compagnia di danza contemporanea in Ticino, il Gruppo Teatro Danza (1983-1988). Il gruppo, in seguito ribattezzato Progetto Danza Hortus Saltationis (1988-1996), ha riunito molti professionisti della danza presenti sul territorio in quegli anni, portando la danza all’attenzione del pubblico ticinese. Il progetto di ricerca ha ricevuto il finanziato al patrimonio performativo svizzero offerto dall’Ufficio federale della cultura nel 2021 ed è coadiuvato dall’Accademia Dimitri. La tavola rotonda ha seguito due linee di indagine. Da un lato, si è a posto l’accento sulla transnazionalità della danza, evidenziando la ricchezza di approcci al movimento e al corpo presenti in un territorio così ristretto. Il Ticino è una terra di passaggio, un ponte tra la Svizzera interna e il bacino del Nord Italia. L’assenza di una formazione professionale in danza porta le persone che aspirano a una carriera in questo campo a recarsi in Svizzera interna o all’estero. Le competenze e l’esperienza vengono poi portate in Ticino quando l’artista decide di tornare. L’altro filone di discussione era orientato a rievocare il clima di sperimentazione e ribellione caratteristico degli anni ’80 e ’90: l’eterogeneità del training dei pochi danzatori sul territorio, il rapporto con i gruppi teatrali indipendenti e la costituzione di un’associazione professionale a difesa degli interessi di categoria (TASI).

Da un lato, si è a posto l’accento sulla transnazionalità della danza, evidenziando la ricchezza di approcci al movimento e al corpo presenti in un territorio così ristretto. Il Ticino è una terra di passaggio, un ponte tra la Svizzera interna e il bacino del Nord Italia.

Claudio Schott, spinto dal suo precoce desiderio di diventare un danzatore, si trasferisce dalla conservativa Lugano a Londra dove si forma in tecnica Graham e Cunningham al programma serale della London Contemporary Dance School (LCDS). In Gran Bretagna lavora come danzatore, coreografo e pedagogo con ingaggi con la compagnia Images Dance Theatre e l’English National Opera. In seguito ad una svolta nella politica di immigrazione, ritorna a Lugano e tra il 1981 e il 1996 fonda e dirige la prima scuola e compagnia di danza contemporanea in Ticino. Narratore di storie, i suoi lavori sono chiaramente ispirati alle tecniche di movimento che ha studiato. L’innovazione avviene a livello tematico, con l’omosessualità e le relazioni di coppia in primo piano rispetto al movimento astratto. È stato segretario del TASI e tra i promotori nel 1996 del primo Festival di danza in Ticino, TI-danza.

Narratore di storie, i suoi lavori sono chiaramente ispirati alle tecniche di movimento che ha studiato. L’innovazione avviene a livello tematico, con l’omosessualità e le relazioni di coppia in primo piano rispetto al movimento astratto.

Margit Huber si è formata a Herisau alla scuola di Sigurd Leeder, esponente della Ausdruckstanz, e danza con Choreo 77 prima di trasferirsi in Ticino nel 1982. Dopo alcuni anni apre la sua scuola e fonda la sua compagnia nel 2000. Lavora come danzatrice e coreografa con e per il Gruppo Teatro Danza prima di tornare alla ricerca come solista. La sua produzione si concentra sul trascendentale e sulla natura, con influssi dell’I-Ching e dei quattro elementi cosmici. Questa sensibilità verso un quadro più ampio della realtà, la porta a studiare Butoh, tecnica di movimento postmoderna giapponese legata all‘Ausdruckstanz. Impegnata politicamente per il riconoscimento e la difesa del teatro libero nella Svizzera italiana, è stata uno dei primi membri attivi della TASI, insieme a Schott.

La sua produzione si concentra sul trascendentale e sulla natura, con influssi dell’I-Ching e dei quattro elementi cosmici. Questa sensibilità verso un quadro più ampio della realtà, la porta a studiare Butoh, tecnica di movimento postmoderna giapponese legata all‘Ausdruckstanz.

Nunzia Tirelli si è unita a Claudio Schott e al Progetto Danza come danzatrice e coreografa dopo aver studiato diverse tecniche di danza moderna e contemporanea in Italia. Il suo interesse per le potenzialità espressive del corpo in moto sulla scena l’ha portata a muoversi tra teatro e danza, collaborando per lungo tempo con Cristina Castrillo e il Teatro delle Radici. Nel corso degli anni, guidata dalla sua insaziabile curiosità per il movimento, ha conseguito diverse formazioni come analista del movimento, Bartenieff e di studi cronologici, percorsi tutti incentrati sulle idee sul movimento di Rudolf von Laban. Tra il 2012 e il 2021 dirige il Laban Event che riporta con conferenze e ricostruzioni di opere di von Laban l’Ausdrucktanz al Monte Verità. È tuttora attiva come danzatrice, coreografa e pedagoga e fa parte della giuria federale per le arti performative.

Claudio Prati e Ariella Vidach si incontrano durante una lezione di Contact improvisation a New York, dove si erano trasferiti per approfondire i loro rispettivi percorsi nelle arti visive e performative, e nella danza. L’interesse di Vidach per l’improvvisazione e le tecniche di danza postmoderna si incontra con la videoarte di Prati. Nel 1988 tornano in Ticino e creano la loro compagnia Avventure in Elicottero Prodotti (AiEP) in cui la danza e le nuove tecnologie interagiscono dal vivo sul palcoscenico, un approccio rivoluzionario e visionario per l’epoca. Attivi tra il Ticino e Milano, hanno ricevuto il premio per la danza dell’ufficio Federale della Cultura nel 2017 per i loro lavori futuristici, in cui il corpo e i media digitali interagiscono alla pari sul palco.

L’incontro si è chiuso con un appello lanciato dal publico in sala alla nuova generazione ad essere incisiva nelle sue azioni artistiche e politiche.

A contribuire alla retrospettiva è stata anche la presenza in platea di numeros* protagonist* della comunità artistica dell’epoca, per citarne alcuni, Camilla Lombardo, danzatrice che ha lavorato per Claudio Schott, pedagoghi della danza (Manuela Rigo e Mi Jung Manfrini), autori del teatro indipendente (Cristina Castrillo), costumist*, ex alliev* di danza e giornalist*. L’incontro si è chiuso con un appello lanciato dal publico in sala alla nuova generazione ad essere incisiva nelle sue azioni artistiche e politiche.

D | I Runder Tisch zu den Anfängen des modernen und zeitgenössischen Tanzes im Tessin   

Der Internationale Tag des Tanzes, der 1982 vom Tanzkomitee des Internationalen Theaterinstituts (ITI) ins Leben gerufen wurde und auf den 29.04., den Geburtstag des Tänzers und Choreographen Jean-Georges Noverre (1727-1810), fällt, feiert alle Ausdrucksformen und Ausprägungen dieser Kunstform. In ihrer traditionellen jährlichen Botschaft, die in diesem Jahr Yang Liping anvertraut wurde, richtet die chinesische Volkstänzerin und Choreografin ihr Augenmerk auf die Kontinuität zwischen der Tradition und den heutigen Autor*innen.

Text von Katja Vaghi

Die Tessiner Vorpremière der Festa Danzante am 29. April, die seit mehreren Jahren am Internationalen Tag des Tanzes stattfindet, konzentrierte sich ebenfalls auf die Linien der mündlichen Kontinuität im Tanz und ihre Zerbrechlichkeit. Die vom RESO koordinierte Veranstaltung lädt die Schweiz zum Tanzen ein. Im prächtigen und luftigen Kreuzgang des ehemaligen Asilo Ciani in Lugano sollte die Erinnerung an den Tanz wachgerufen werden und wieder zum Leben erweckt werden. Der Tanz verflüchtigt sich in dem Moment, in dem die Geste auf die Bühne gebracht wird. Die einzige Möglichkeit, ihn nicht verschwinden zu lassen, besteht darin, die Geste zu verkörpern, wie es der Workshop am Nachmittag und die abendliche Aufführung „Save the Last Dance“ der Compagnie Alessandro Sciaroni vorschlugen, die dem Publikum die Bogenpolka näherbrachte, einen typischen, sehr körperlichen und fast vergessenen Balztanz, der bis zum Ersten Weltkrieg ausschließlich von Männern unter den Arkaden von Bologna aufgeführt wurde. Der runde Tisch über die Entwicklung des Tanzes in der italienischen Schweiz war hingegen der Erinnerung an den Tessiner Tanz gewidmet, an dem die meisten der zwischen den 1980er und 1990er Jahren aktiven Autor*innen teilnahmen.

Der Tanz verflüchtigt sich in dem Moment, in dem die Geste auf die Bühne gebracht wird.

Viele kennen die Gemeinschaft von Idealisten, die sich auf der Suche nach einer besseren Gesellschaft zu Beginn des 20. Jahrhunderts auf dem Monte Verità niedergelassen haben. Weniger bekannt ist jedoch seine Bedeutung für die Entwicklung des modernen europäischen Tanzes, des Ausdruckstanzes. In den Sommern zwischen 1913 und 1919, mitten im Ersten Weltkrieg, experimentierte Rudolf von Laban mit einer Gruppe von Tänzern mit einer neuen Art, sich zu bewegen und den Körper zu begreifen. Die Bewegungsforschung wurde dann von Schülerinnen wie Mary Wigman in Dresden, Susanne Perrottet in Zürich und Katja Wullf in Basel weiter entwickelt. Die beiden letztgenannten Persönlichkeiten, die auch mit der Dada-Bewegung des Cabaret Voltaire in Verbindung gebracht werden, sind nicht nur für den Schweizer Tanz und die Schweizer Kultur von grundlegender Bedeutung, sondern auch für eine umfassendere Sicht auf die Funktion des Tanzes in der Gesellschaft, wie die Tatsache beweist, dass Max Bircher-Benner und Carl G. Jung Patienten in Perrottets Tanzstunden schicken. Was geschieht im Tessin, wenn diese einflussreichen Tanzpersönlichkeiten in die Innerschweiz und nach Deutschland abwandern? Der runde Tisch „Wir waren dabei“ versuchte, die Wurzeln des zeitgenössischen Tanzes im Tessin zu beleuchten, um die Gegenwart zu verstehen und die Zukunft des Tanzes in der italienischen Schweiz zu betrachten. Claudio Schott, Margit Huber, Nunzia Tirelli, Claudio Prati und Ariella Vidach (AiEP) gaben Einblicke in ihr kreatives Schaffen und ihre Vorstellung von Bewegung.

Die beiden letztgenannten Persönlichkeiten, die auch mit der Dada-Bewegung des Cabaret Voltaire in Verbindung gebracht werden, sind nicht nur für den Schweizer Tanz und die Schweizer Kultur von grundlegender Bedeutung, sondern auch für eine umfassendere Sicht auf die Funktion des Tanzes in der Gesellschaft, wie die Tatsache beweist, dass Max Bircher-Benner und Carl G. Jung Patienten in Perrottets Tanzstunden schicken.

Ausgangspunkt der von der Tänzerin, Choreografin und Tanzforscherin Katja Vaghi initiierten Gesprächsrunde war eine Studie über den Tänzer und Choreografen Claudio Schott, der die erste zeitgenössische Tanzkompanie im Tessin, die Gruppe Teatro Danza (1983-1988), gründete. Die Gruppe, die später in Progetto Danza Hortus Saltationis (1988-1996) umbenannt wurde, brachte in jenen Jahren zahlreiche Tanzschaffende aus der Region zusammen und machte die Tessiner Öffentlichkeit auf den Tanz aufmerksam. Das Forschungsprojekt wurde vom Bundesamt für Kultur im Jahr 2021 für das Erbe der darstellenden Künste in der Schweiz gefördert und wird von der Accademia Dimitri unterstützt. Der Runde Tisch verfolgte zwei Fragestellungen. Einerseits wurde der Schwerpunkt auf die Transnationalität des Tanzes gelegt, indem der Reichtum an Bewegungs- und Körperansätzen auf einem so begrenzten Gebiet hervorgehoben wurde. Das Tessin ist ein Land des Übergangs, eine Brücke zwischen der Innerschweiz und dem norditalienischen Becken. Das Fehlen einer professionellen Tanzausbildung veranlasst Menschen, die eine Karriere in diesem Bereich anstreben, in die Innerschweiz oder ins Ausland zu reisen. Die erworbenen Fähigkeiten und Erfahrungen werden dann ins Tessin zurückgebracht, wenn die Künstlerin oder der Künstler beschließt, zurückzukehren. Der andere Diskussionsstrang zielte darauf ab, das für die 1980er und 1990er Jahre charakteristische Klima des Experimentierens und der Rebellion in Erinnerung zu rufen: die Heterogenität der Ausbildung der wenigen Tänzerinnen und Tänzer in der Region, die Beziehung zu den freien Theatergruppen und die Gründung eines Berufsverbands zur Verteidigung der Interessen des Berufs (TASI).

Einerseits wurde der Schwerpunkt auf die Transnationalität des Tanzes gelegt, indem der Reichtum an Bewegungs- und Körperansätzen auf einem so begrenzten Gebiet hervorgehoben wurde. Das Tessin ist ein Land des Übergangs, eine Brücke zwischen der Innerschweiz und dem norditalienischen Becken.

Claudio Schott zog, getrieben von seinem frühzeitigen Wunsch, Tänzer zu werden, vom konservativen Lugano nach London, wo er am Abendprogramm der London Contemporary Dance School (LCDS) in den Techniken von Graham und Cunningham ausgebildet wurde. In Großbritannien arbeitete er als Tänzer, Choreograph und Pädagoge mit Engagements bei der Images Dance Theatre Company und der English National Opera. Nach einer Änderung der Einwanderungspolitik kehrte er nach Lugano zurück und gründete und leitete zwischen 1981 und 1996 die erste zeitgenössische Tanzschule und Kompanie im Tessin. Als Geschichtenerzähler sind seine Werke eindeutig von den Bewegungstechniken inspiriert, die er studiert hat. Die Innovation findet auf thematischer Ebene statt, wobei Homosexualität und Paarbeziehungen im Gegensatz zu abstrakten Bewegungen im Vordergrund stehen. Er war Sekretär der TASI und einer der Initiatoren des ersten Tanzfestivals im Tessin, TI-danza, im Jahr 1996.

Als Geschichtenerzähler sind seine Werke eindeutig von den Bewegungstechniken inspiriert, die er studiert hat. Die Innovation findet auf thematischer Ebene statt, wobei Homosexualität und Paarbeziehungen im Gegensatz zu abstrakten Bewegungen im Vordergrund stehen.

Margit Huber wurde in Herisau in der Schule von Sigurd Leeder, einem Vertreter des Ausdruckstanzes, ausgebildet und tanzte in der Gruppe Choreo 77, bevor sie 1982 ins Tessin zog. Nach einigen Jahren eröffnete sie ihre eigene Schule und gründete im Jahr 2000 ihre eigene Kompanie. Sie arbeitete als Tänzerin und Choreografin mit und für die Gruppo Teatro Danza, bevor sie als Solistin in die Forschung zurückkehrte. Ihre Produktionen konzentrierten sich auf das Transzendente und die Natur, mit Einflüssen aus dem I-Ching und den vier kosmischen Elementen. Diese Sensibilität für ein umfassenderes Bild der Realität veranlasste sie, Butoh zu studieren, eine postmoderne japanische Bewegungstechnik, die mit dem Ausdruckstanz verbunden ist. Politisch engagiert für die Anerkennung und Verteidigung des freien Theaters in der italienischen Schweiz, war sie zusammen mit Schott eines der ersten aktiven Mitglieder der TASI.

Ihre Produktionen konzentrierten sich auf das Transzendente und die Natur, mit Einflüssen aus dem I-Ching und den vier kosmischen Elementen. Diese Sensibilität für ein umfassenderes Bild der Realität veranlasste sie, Butoh zu studieren, eine postmoderne japanische Bewegungstechnik, die mit dem Ausdruckstanz verbunden ist.

Nunzia Tirelli kam als Tänzerin und Choreografin zu Claudio Schott und Progetto Danza, nachdem sie in Italien verschiedene moderne und zeitgenössische Tanztechniken studiert hatte. Ihr Interesse an den Ausdrucksmöglichkeiten des Körpers in Bewegung auf der Bühne führte sie dazu, zwischen Theater und Tanz zu wechseln und lange Zeit mit Cristina Castrillo und dem Teatro delle Radici zusammenzuarbeiten. Im Laufe der Jahre hat sie, geleitet von ihrer unstillbaren Neugierde für Bewegung, verschiedene Ausbildungen als Bewegungsanalytikerin, Bartenieff und chronologische Studien absolviert, die sich alle auf die Bewegungsideen von Rudolf von Laban konzentrieren. Zwischen 2012 und 2021 leitete sie das Laban Event, das den Ausdruckstanz mit Vorträgen und Rekonstruktionen der Werke von Labans auf den Monte Verità zurückbrachte. Sie ist weiterhin als Tänzerin, Choreografin und Pädagogin tätig und Mitglied der Bundesjury für darstellende Künste.

Claudio Prati und Ariella Vidach lernten sich während eines Kontaktimprovisationskurses in New York kennen, wohin sie gezogen waren, um ihren jeweiligen Weg in der bildenden und darstellenden Kunst sowie im Tanz weiterzugehen. Vidachs Interesse an Improvisation und postmodernen Tanztechniken traf auf Pratis Videokunst. 1988 kehrten sie ins Tessin zurück und gründeten ihre Kompanie Avventure in Elicottero Prodotti (AiEP), in der Tanz und neue Technologien live auf der Bühne interagieren – ein für die damalige Zeit revolutionärer und visionärer Ansatz. Sie sind zwischen dem Tessin und Mailand tätig und erhielten 2017 den Tanzpreis des Bundesamts für Kultur für ihre futuristischen Arbeiten, in denen der Körper und die digitalen Medien auf der Bühne gleichberechtigt interagieren.

Das Treffen schloss mit einem Appell des Publikums an die neue Generation, in ihrem künstlerischen und politischen Handeln prägnant zu sein.

Zur Retrospektive trug auch die Anwesenheit zahlreicher Protagonist*innen der damaligen Kunstszene bei, darunter die Tänzerin Camilla Lombardo, die für Claudio Schott arbeitete, Tanzpädagog*innen (Manuela Rigo und Mi Jung Manfrini), Autor*innen des freien Theaters (Cristina Castrillo), Kostümbildner*innen, ehemalige Tanzstudent*innen und Journalist*innen. Das Treffen schloss mit einem Appell des Publikums an die neue Generation, in ihrem künstlerischen und politischen Handeln prägnant zu sein.

Locarno, ti amo!

Alle Jahre wieder trifft sich die Branche am glamourösen Filmfestival am Lago Maggiore. Während die Film-Enthusiasten sich vor der Leinwand scharen, treffen sich Darsteller*innen und Filmleute bei den Apéros. So auch beim SSFV-SzeneSchweiz-Anlass.

Um es vorwegzunehmen: Alain Berset, der George Clooney des Bundesrats und Kultur-Oberchef der Schweiz, kam nicht an den Branchen-Apéro von SSFV und SzeneSchweiz, aber die Teilnehmer*innen konnten ihre Tränen zurückhalten und hatten auch so ihren Spass. Natürlich konnte man endlich wieder mal Branchen-Gossips austauschen, aber es wurden auch ernste Themen diskutiert:

Unter den Mitgliedern beider Verbände gaben die Verhandlungen zu den Filmschauspielgagen zu reden. Auch die uns alle überrollende KI und die möglichen Folgen für Sprecher*innen und Schauspieler*innen waren in aller Munde. Während in den USA bereits der Kulturkampf um das Recht am eigenen Bild und Erscheinen in einem der grössten Streiks der Filmgeschichte eskalierte, sind in der Schweiz noch alle vom Thema überfordert. Tenor unter den Interpret*innen: Es muss schnell gehandelt werden.

Die Chef*innen (v.l.n.r).: Salva Leutenegger, GL SzeneSchweiz, Matthias Albold, Präsident SzeneSchweiz, Chantal Bolzern, Präsidentin SSFV, Nicole Barras, GL SSFV

Die Verbände und die Verwertungsgesellschaften sind gefordert, nachzudenken und entsprechende Forderungen zugunsten der Interpret*innen auszuarbeiten. Matthias Albold, Präsident SzeneSchweiz brachte alarmierende Gedanken vom internationalen FIA-Kongress in Tallin mit, wo die KI ein zentrales Thema war. Man sei sich einig gewesen, dass es Verlierer gebe, aber es gelte, die Verluste möglichst kleinzuhalten.

Doch weder die Zukunft, noch die noch immer im Nacken sitzende Pandemie-Krise trübte die Laune der Gäste: Netzwerken, Cüpli trinken, Leben geniessen. Schliesslich ist nur einmal im Jahr Festival Locarno!

 

Hollywood streikt gegen AI – und wie siehts in der Schweiz aus?

Die Schauspieler*innen in Hollywood streiken für mehr Lohn und die ganze Industrie steht still. Ein weiterer wichtiger Punkt:: Wenn künstliche Intelligenz das Aussehen und die Stimme eine*r Darsteller*in vollkommen echt imitieren kann, wer hat dann die Rechte an diesen Bildern und Filmen?

Niederlage im Gemeinderat – Keller62 & STOK kämpfen weiter

Wie der Tagesanzeiger berichtet, sind die Vorschläge zur Rettung der Kleintheater STOK und Keller62 im Gemeinderat nicht durchgekommen. Der Stadtrat bleibt stur auf seiner Linie. Inzwischen kommen aber Zweifel an der Unabhängigkeit der Jury auf, welche die Neuverteilung der Subventionen beschloss. Wir sprachen mit Lubosch Held Hrdina, Leiter des Keller62.

Zitat Tagesanzeiger

ENSEMBLE sprach mit Lubosch Held Hrdina, Leiter des Keller62:

Wie geht es euch jetzt, nach der Gemeinderatssitzung?

Wir sind total konsterniert und ernüchtert, mit welcher Wucht da zementiert wurde, was niemand haben wollte. Sämtliche Parteien, bis auf die SP, hielten gestern klar fest, dass die Eliminierung von Keller62 und Stok aus dem TTL falsch ist und dass diese beiden Theater unterstützt gehören. Tja, die parlamentarische Mehrheit drückte es trotzdem regungslos durch. Das schockiert einen schon. Die 6250 Petitionsunterschriften für den Erhalt wurden nicht mal in Betracht gezogen. Eine andere Meinung wollte sich die SP nicht leisten.

Es wurde gnadenlos von oben herab bestimmt und über Kultur entschieden. Ich frage mich, wollen wir das wirklich?

Lustig ist übrigens, dass die österreichischen Fachleute, welche die Stadt vor 5 Jahren für 200 000 Franken engagiert hatte, um die damalige Theaterförderung zu überprüfen und um den Verantwortlichen neue Fördermodelle vorzuschlagen, dass diese Fachleute damals sehr klar und deutlich vor diesem «kulturpolitischen Risiko» der jetzt angewandten Fördervariante gewarnt hatten. Sie warnten vor einem «von oben verordneten» Eingriff ins Kulturleben. Jetzt ist er da und wir sollen uns freuen.

Die Stadt verschanzt sich seit länger hinter dem Volksentscheid. Auch gestern im Gemeinderat war es so. Und dann argumentierte Frau Mauch mit der aktiven Teilnahme der Freien Szene an der gesamten Entwicklung dieser „neuen“ Förderung. Wo die Flexiblen Häuser in den letzten 4 Jahren mehrmals und nachdrücklich ihre Bedenken, Vorschläge und auch ihre Ängste (die gleichen Bedenken notabene, die jetzt eingetreten sind) gegenüber den Verantwortlichen per Gespräch, Brief und Statement geäussert und angemeldet haben. Man nahm alles herzlich dankend entgegen und das war’s. Nichts davon wurde übernommen oder angewandt. So viel zur aktiven Teilnahme am Prozess.

Ich bin der Meinung, eine solche dirigistische Kunstpolitik gehört nicht in eine so freiheitliche Stadt wie Zürich. Eine so gut funktionierende Theaterlandschaft (dies stellten die erwähnten Fachleute aus Österreich damals auch fest) verdient eine bessere Förderung. Eine, welche die echte Vielfalt stärkt und nicht beschneidet, eine die keinen Scherbenhaufen produziert.

Welches sind eure nächsten Schritte?

Wir werden für den Erhalt der beiden Theater kämpfen. Juristisch, politisch, öffentlich. Beide Theater haben Rekurs eingelegt. Und wenn es stimmt, dass Frau Mauch und die Stadt aus dieser ersten Ausgabe der Förderung lernen wollen (Zitat Frau Mauch), dann möchten wir ihr unsere Argumente näher bringen und ein Gespräch suchen. Unser Einsatz? 77 Jahre Tradition, 77 Jahre harte Arbeit und 77 Jahre Herz. 283 vielfältige Vorstellungen jährlich als Mitbringsel. Garniert mit 70% Selbstfinanzierung und 6250 Petitionsstimmen, von Menschen, die beide Theater erhalten wollen.

Wie sähe ein Kompromiss aus, mit dem ihr leben könntet?

Ich habe es schon oben erwähnt. Der Erhalt steht an erster Stelle. Wir könnten uns auf vieles einlassen, aber der Erhalt ist fix und muss bis Ende 2029 gewährleistet sein. Vielleicht mit der alten Subvention, ohne Abfederung? Wir möchten die Chance bekommen, und wollen nicht aus der TTL gestrichen werden. Wir gehören dazu. Wir sind auch Zürich. Unser Beitrag ist wertvoll.

Neues im Juli: Über 6000 Unterschriften übergeben!

SzeneSchweiz Berufsverband Darstellende Künste hat die Petition „Rettet STOK & KELLER62“ auf ACT, der Petitionsplattform von Campax, gestartet. Campax ist eine Bewegung, bei der sich über 250’000 Engagierte für soziale, wirtschaftliche & ökologische Fairness einsetzen.

Wenn Du ein Anliegen hast, das Dir viel bedeutet und das Du voran bringen möchtest, dann kannst Du deine eigene Kampagne hier starten und für den Newsletter anmelden.

Folgendes Communiqueé wurde den Unterzeichnenden am 3. Juli geschickt:

Liebe Unterstützer*innen!

Euer Einsatz für den Erhalt der beiden Zürcher Kleintheater ist auch heute überwältigend und einmalig. Danke.

Am vergangenen Mittwoch war es so weit und wir haben uns vor dem Rathaus Hard getroffen, um in Anwesenheit der Medien unsere Petition an die Stadtpräsidentin zu übergeben. Frau Mauch ist nun um 6247 Unterschriften reicher. Und wir geben alles, damit sie damit auch das Richtige anstellt. Sie ist per Gesetz verpflichtet, auf die Petition innerhalb von 6 Monaten zu antworten. Warten wir ab.

Ein weiterer Schritt auf dem noch langen Weg zur Rettung von Theater STOK und Keller62 ist getan. Grosser Dank geht an alle, die helfen, an alle, die vor dem Rathaus dabei waren und mitgeholfen haben und an alle, die unterschrieben haben! Ein grosser Dank geht auch an die Medien, die unsere Sache von Anfang an für wichtig halten und sie ausdauernd und sehr gut begleiten.

Die nächsten Schritte sehen wie folgt aus. Der Rekurs-Prozess ist im vollen Gange. Am Ende entscheidet der Bezirksrat und gibt den beiden Rekursen statt oder weist sie ab. Im Falle einer Abweisung steht uns der weitere Rechtsweg offen.

Den politischen Weg gehen wir schon länger und er ist vielversprechend, wenn auch da keine Sicherheit herrscht. Am 12. Juli soll der Gemeinderat über das Geschäft „Tanz und Theater-Konzeptförderung“ beraten und entscheiden.

Ja, und wenn alle Stricke reissen, haben wir noch die Initiative als politisches Instrument, das wir einsetzen können.

Wie es alles kommt, wissen wir nicht. Was wir wollen, wissen umso klarer. Und eine Fortsetzung folgt bestimmt. Wir bleiben dran. Das können wir versprechen. Und wir berichten euch wieder.

Bitte bleibt ihr auch dran, helft mit, das Thema „Rettung STOK und Keller62“ nicht untergehen zu lassen.

Erst die Kleinen machen Zürich gross.

Und stellt euch vor, wir schaffen es – was gibt das für ein Fest!!

Möchtet ihr etwas wissen oder fragen, schreibt uns bitte jederzeit, am besten über die jeweiligen Mailadressen der zwei Theater.

Ganz liebe Grüsse und bis bald!

Lubosch Held, Verein Keller62, künstlerischer Leiter Keller62 

Peter Doppelfeld, Verein Theater STOK; Leiter Theater STOK 


Neuer Podcast «Kunstlicht»

Aktuelle Diskussionen um die Künste und ihren Impact auf gesellschaftliche Themen

Die Zürcher Hochschule der Künste (ZHdK) lanciert einen neuen Podcast: In «Kunstlicht» diskutieren Eva Pauline Bossow und Jörg Scheller gesellschaftsrelevante Themen aus Sicht der Kunstwelt.

Der neue Podcast «Kunstlicht» ist nah dran an aktuell diskutierten Themen: Es geht um  Triggerwarnungen, Debattenkultur oder was genau eigentlich Innovation bedeutet. Aus Perspektive der Kunstwelt werden gesellschaftliche Fragen verhandelt, immer unter der Prämisse, dass Kunst «Zugänge zur Welt vermittelt, die nicht so ohne weiteres formalisierbar, planbar, standardisierbar, domestizierbar sind. Deshalb bildet Kunst ein Risiko.»

Diesem Risiko stellen sich die Hosts des Podcasts mit Eloquenz und Lust an der Debatte. Das Gespann hat einen vielfältigen Hintergrund: Eva Pauline Bossow kennt das Dreieck Kreativwirtschaft, öffentliche Kulturinstitutionen und Privatwirtschaft aus unterschiedlichen Positionen und ist heute als Beirätin und Beraterin aktiv. An der ZHdK war sie im Zurich Centre for Creative Economies (ZCCE) sowie im Digitalrat tätig. Jörg Scheller ist Professor im Departement Fine Arts, unterrichtet Kunstgeschichte und ist leidenschaftlicher Bodybuilder und Heavy-Metal Musiker.

Ergänzt werden ihre Positionen durch spannende Gäste. In der Rubrik «Fernlicht» kommen unter anderem ZHdK-Alumni zu Wort, die nicht in klassischen Kunstberufen tätig sind. Zum Beispiel erzählt Fine-Arts-Alumna Lauren Wildbolz, wie sie das erste vegane Restaurant der Schweiz eröffnet hat.

Jetzt reinhören auf Spotify oder ITunes.

Delegiertenversammlung: Eine Vision für die Zukunft

Matthias Albold eröffnet die diesjährige Delegiertenversammlung von SzeneSchweiz mit einer fulminanten und berührenden Rede. Er weist auf die Schwierigkeiten des vergangenen Jahres hin und betont, dass dies angesichts der Pandemie und des Ukrainekonfliktes auch an der Theaterfront nicht spurlos vorbeiginge.

„Endlich … sie spielen wieder. Sogar der Winter ohne epidemiologischen Unterbruch in den Spielplänen an den Theatern. Back to normal … sollte man meinen. Weiter geht’s, Vorhang auf, rein in die alten Bewegungs- und Verhaltensmuster. Die Zuschauer strömen, der Applaus ist uns sicher, weiter so und alles von vorne“, resümiert Matthias Albold die Rückkehr der Kultur nach Pandemie im letzten Jahr.

Alles gut? Nicht ganz Albold beobachtet mit Unbehagen eine Schwere im Weltgeschehen, einen Skeptizismus und wie Konflikte seit der Pandemie anders geführt werden. Doch genau jetzt wäre die Zeit, im und durch Theater Blickwinkel zu öffnen und die Gesellschaft zu spiegeln.

Stattdessen gibt es immer wieder Schlagzeilen misslungene Premieren, verlorengegangenes Publikum und Machtmissbrauch, unzumutbare Arbeitszeiten und Künstler*innen in prekären Umständen. Er betont deshalb einmal mehr den wichtigen Stellenwert der Kulturschaffenden in der Schweiz, sowie die Rolle des Verbandes im Kulturgeschehen.

„Endlich … sie spielen wieder. Sogar der Winter ohne epidemiologischen Unterbruch in den Spielplänen an den Theatern. Back to normal … sollte man meinen. Weiter geht’s, Vorhang auf, rein in die alten Bewegungs- und Verhaltensmuster. Die Zuschauer strömen, der Applaus ist uns sicher, weiter so und alles von vorne.“ Doch ganz so ist es nicht!

Flachere Strukturen würden überall angestrebt, bedeuteten aber längere Wege zur Entscheidungsfindung: mehr Sitzungen und Diskussionen in den Chefetagen, Lagerhaltungskosten, um nachhaltig Bühnenbilder aufzubewahren u.v.m. Das alles koste Zeit und Geld, so Albold, Nur die wenigsten Theater bekämen tatsächlich mehr davon gutgesprochen und somit kommen diese Dinge dazu, wie der Disponent auch aus eigener Erfahrung erklärte. Das führt entweder zu Mehrbelastung der Belegschaft oder zu Qualitätseinbussen in den Produktionsbedingungen. Genau hier ist SzeneSchweiz als Verband gefragt, um die Interessen der Arbeitnehmer zu schützen und den Wunsch aller nach mehr Mitsprache, ökologischem und diversem Bewusstsein zu unterstützen.

Des Weiteren konnten Rechtsstreitigkeiten zugunsten des Verbandes beigelegt werden, der Gesamtarbeitsvertrag für das künstlerische Solopersonal bereinigt und neu aufgesetzt werden und gemeinsam mit dem Schweizerischen Bühnenverband SBV konnte Gehör für die Ausnahmeregelung beim SECO erlangt werden. Im Übrigen zeigte sich der Sozialpartner bei der diesjährigen Tarifkommissionssitzung gesprächsbereit und legte ein moderates, aber akzeptables Mindestgagenwachstum an den Tag.

SzeneSchweiz ist Sozialpartner des Schweizerischen Bühnenverbandes SBV. Zusammen führen die vertragsschliessenden Verbände zwei Gesamtarbeitsverträge, die auf alle dem SBV angeschlossene Theater und das von ihnen beschäftigten Solo- und Gruppenpersonal Anwendung finden.

Besonders im Hinblick auf Subventionsverhandlungen ist es wichtig, als Arbeitnehmervertretung zu diskutieren – die Mindestgagen sollen weiterwachsen, als wichtigen Schrittmacher für die Lohnentwicklung

Besonders im Hinblick auf Subventionsverhandlungen ist es wichtig, als Arbeitnehmervertretung zu diskutieren – die Mindestgagen sollen weiterwachsen, als wichtigen Schrittmacher für die Lohnentwicklung, auch für die Freischaffenden. Er sagt dazu: „Unser Verband ist traditionell aus den Theaterhäusern herausgewachsen und die stetig steigenden Mitgliederzahlen sind nicht nur ein Beweis für eure gute Arbeit, sondern auch ein Indikator für die Umgestaltung unseres Berufsstandes. Früher waren die «Festen» in der Überzahl, heute sind es die «Freien».“ Dennoch steht noch viel Arbeit, beispielsweise im Hinblick auf die Grundsicherung im Tessin, die mit den Partnerverbänden über Suisseculture beim Bund und den Kantonen Gehör finden soll. In der Romandie konnte durch die tatkräftige Unterstützung durch Viviane Bonelli Aktivitäten wie unsere Workshops regional durchgeführt werden.

Mehrfach-Mitgliedschaften

Seit Jahren kommt im Rahmen der Zusammenarbeit mit anderen Verbänden die Idee einer Vereinbarung zu Doppelmitgliedschaften für darstellende Künstler*innen auf, konkretisiert wurde sie bisher nicht. Bisher ist offiziell nicht bekannt, wie viele SzeneSchweiz-Mitglieder auch in anderen Kulturverbänden organisiert sind, aber der Wunsch nach einer vergünstigten Doppelmitgliedschaft wird immer wieder an den Verband herangetragen.

Verschiedene vollzahlende Mitgliedschaften sind gerade für Freischaffende viel zu teuer. Kulturverbände bieten z. T. unterschiedliche Dienstleistungen an, wovon die Mitglieder von SzeneSchweiz mit einer zwischen den Verbänden vereinbarten Doppelmitgliedschaft mit stark reduziertem Mitgliederbeitrag profitieren könnten. Die Delegierten von SzeneSchweiz haben an der Delegiertenversammlung den Antrag, in den Statuten die vergünstigte Doppelmitgliedschaft vorzusehen, einstimmig angenommen.

„Unser Verband ist traditionell aus den Theaterhäusern herausgewachsen und die stetig steigenden Mitgliederzahlen sind nicht nur ein Beweis für eure gute Arbeit, sondern auch ein Indikator für die Umgestaltung unseres Berufsstandes. Früher waren die «Festen» in der Überzahl, heute sind es die «Freien».“

Matthias Albold, Präsident SzeneSchweiz – Berufsverband Darstellende Künste SzeneSchweiz

All das wäre nicht möglich, ohne die grossartige Arbeit der Geschäftsleiterin Salva Leutenegger und ihrem Team und allen anderen Involvierten, wie den beiden Anwält*innen, Vorstandskolleg*innen und Stellvertreter*innen, sowie den Obleuten – als wichtige Bindeglieder zu einer erfolgreichen Zusammenarbeit.


Neu besteht der Vorstand aus 12 Mitgliedern:

Freischaffende:

Oliver Dähler

Igor Mamlenkov

Martin Ostermeier

Catherine Pagani

Manuela Rigo

Alexandre Pelichet   

Festangestellte:

Matthias Albold

Cheyne Davidson       

Damien Liger      

Lisa Lorenz                    

Georgia Knower                          

Sascha Soydan    


Diese und andere Vergünstigungen und Dienstleistungen sind durch SzeneSchweiz für alle Mitglieder gewährleistet:

«Stellenkürzung oder Umverteilung»

SzeneSchweiz Präsident Matthias Albold analysiert die Auseinandersetzung am Theater Basel, leuchtet eigene Positionen aus und zeigt die Arbeit auf, die SzeneSchweiz in diesem Bereich leistet und in der Vergangenheit bereits geliefert hat.

Liebe SzeneSchweiz-Mitglieder

Einige von euch werden bemerkt haben, dass sich in Basel am Theater gerade einiges bewegt. Es geht um die Tänzerinnen am hiesigen Ballettensemble. Es geht um Gehälter. Es geht um Aktionen bei Vorstellungen die vom Ensemble mit der UNIA durchgeführt wurden. Eigentlich sollte da doch unser Verband am Start sein? Warum ist SzeneSchweiz nicht aktiv……

Die Antwort lautet: waren wir, sind wir, werden wir weiterhin sein.

Manchmal überschlagen sich die Ereignisse, dann gilt es verlangsamen, Abstand nehmen und den Dialog suchen. Insbesondere der Dialog ist und bleibt die effektivste Art der Konfliktbewältigung.

Im Fall der Aktionen des Tanzes in Basel wurden wir auch zum Dialog aufgefordert, jedoch erst als die Aktionen gelaufen und Forderungen gestellt waren. Dialog gab es auch davor, nachdem die Tänzerinnen vor ziemlich genau einem Jahr auf die Geschäftsstelle zugekommen waren. Das Gespräch mit den Sozialpartnern wird jährlich im Rahmen der Tarifkommissionsverhandlungen geführt und brachte uns in diesem Jahr eine moderate Entwicklung der Mindestgagen von durchschnittlich 90 SFR der zehn am GAV beteiligten Theater für die Saison 23/24.

Im Verlauf der Tarifkommissionssitzung wurde insbesondere auf die missliche Lage der Tänzerinnen in der ganzen Schweiz hingewiesen. Auch die Vertretung beim SBV (Schweizerischer Bühnenverband) ist sich dieses besonderen Zustands bewusst. Signifikante Lohnschritte, wie von der UNIA in Basel gefordert, wären nur mit Erhöhung von Subventionen machbar.

Wir reichen auch da unserem Sozialpartner immer wieder die Hand, uns endlich zu Gesprächen bei den Subventionsgebern einzuladen. Werden diese Subventionssprünge, aus welchen Gründen auch immer, nicht getan, bleibt den Theatern beim Erhöhen der Gagen nur die Umverteilung oder Stellenkürzung. Eine Entscheidung, welche ich nicht treffen möchte.

Dialoge führen wir überdies nicht nur in Richtung Arbeitgeber, sondern auch zu den Arbeitnehmern, wie man an unserer Lohnkampagne sehen kann. Die Umfrage wurde von 50% unserer Mitglieder beantwortet (herzlichen Dank im Nachhinein auch von meiner Seite).

Wir dialogisieren also durchaus gerne und sicher nicht zu wenig.

Ich persönlich habe aber Schwierigkeiten zum Dialog gebeten zu werden, wenn ich das Gefühl habe nur noch als Legitimator von bereits aufgestellten Forderungen benutzt zu werden. Trotzdem wünsche ich den Initianten bei ihrer Mission viel Erfolg und hoffe, dass sie, die vom Theater bereits versprochenen Verbesserungen vielleicht noch ein wenig ausbauen können. Danach stehe ich mit der Geschäftsleitung dem Tanzensemble gerne für ein Gespräch zur Verfügung, um solche Situationen in Zukunft gemeinsam angehen zu können.

 

Kollegiale Grüsse

Matthias Albold

Präsident SzeneSchweiz

Konflikt Theater Basel: Rechtliche Stellungnahme zum Bajour-Artikel vom 2. Juni

In den letzten Wochen machten am Theater Basel Arbeitskampf-Aktionen von Ensemblemitgliedern – koordiniert von der Regionalvertretung der UNIA – Schlagzeilen regional und überregional. Diese Aktionen fanden ohne Wissen oder Mitwirkung des Verbandes SzeneSchweiz statt.
In der Berichterstattung zu diesen Aktionen wurde der Arbeitsrechtler Prof. Thomas Geiser zu den rechtlichen Grundlagen der Aktionen zitiert. SzeneSchweiz muss, nach gründlichen juristischen Abklärungen, einigen der veröffentlichten Aussagen vehement widersprechen.

Im Artikel werden – mit Verweis auf eine Anfrage bei Prof. Thomas Geiser – die folgenden beiden Standpunkte wiedergegeben:
· Die Unia sei berechtigt, mit dem Theater Basel direkt über Gagen der Tänzer*innen zu verhandeln.
· Die Friedenspflicht sei von den Tänzer*innen nur einzuhalten, sofern sie Mitglied von Szene Schweiz seien; ansonsten müssten sie sich nicht an den GAV halten.

(Zum Artikel gehts hier)

Zu den Lohnverhandlungen

Mit der Unterschrift unter den Arbeitsvertrag eines Arbeitgebers, der den Vorgaben des GAV unterliegt, haben angestellte Künstler*innen die Sozialpartnerschaft und damit die Vertretung durch SzeneSchweiz akzeptiert, auch ohne explizit Mitglied des Verbandes zu sein. Sie dürfen sich natürlich im Einzelfall, also in den Verhandlungen eines Individuallohnes, von einem Rechtsvertreter unterstützen lassen.

Die Lohnverhandlungen für die im Hause geltenden Mindestlöhne sind jedoch SzeneSchweiz als offiziellem Sozialpartner vorbehalten und können nicht durch einzelne Ensemble-Vertreter*innen an UNIA abgegeben werden.

Zur Friedenspflicht

Mit der Unterschrift des Arbeitsvertrages anerkennen die Ensemble-Mitglieder gleichzeitig den geltenden GAV, aus dem die Bedingungen für den individuellen Arbeitsvertrag hervorgehen. Mit dieser Anerkennung kommt auch die Vorgabe der Friedenspflicht. Weder einzelne Ensemble-Mitglieder noch ein gesamtes Ensemble kann diese aussetzen. Die Aussetzung der Friedenspflicht unterliegt alleine dem Sozialpartner, der den GAV ausgehandelt hat.

Die Folgen

Aufgrund dieser Beurteilung zeigt sich, dass UNIA leider die rechtliche Situation des Ensembles am Theater Basel falsch eingeschätzt hat. Die übereilte Aktion hat nicht nur die Arbeitsplätze der Beteiligten gefährdet, sie lässt auch die Ensemble-Mitglieder mit einem rechtlichen Risiko allein: Für eventuell ausfallende Vorstellungen oder andere finanzielle Einbussen durch die Aktionen könnten die Beteiligten haftbar gemacht werden.

SzeneSchweiz setzt sich mit Engagement und Überzeugung für verbesserte Arbeitsbedingungen auf und hinter Schweizer Bühnen ein. Dies ist keine Auseinandersetzung, die mit einem Holzhammer geführt werden kann. Kampfmassnahmen, so attraktiv sie auf den ersten Blick scheinen mögen, schaden immer dem gesamten Kulturbetrieb und können im schlimmsten Falle sogar Subventionen gefährden. Dies zum Schaden aller Beteiligten.

Die Gewerkschaft UNIA mag Sozialpartner für Technik und Verwaltung sein, aber im Bereich Kunst ist sie fremd und gefährdet Betroffene und den Kulturbetrieb als Ganzes. Die Arbeitgeber im Bereich Kultur sind keine internationalen Konzerne oder kapitalistische Ausbeuter. Sie sind in erster Linie Partner, die Kultur auf Schweizer Bühnen ermöglichen.

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Rechtliche Ausführungen:

Zu Lohnverhandlungen:

Es ist danach zu unterscheiden, ob es um die Verhandlung von Mindestlöhnen und/oder Besoldungsordnungen geht, die als Ausfluss des GAV in die lokalen Hausordnungen aufgenommen werden, oder ob es um eine individuelle Gagenverhandlung oder -streitigkeit eines Bühnenmitglieds in einem konkreten Einzelfall geht (bei der sich ein Bühnenmitglied selbstverständlich auch anwaltlich vertreten lassen kann).

Die Bestimmungen über (Mindest-)Löhne sind Bestandteil der normativen Bestimmungen eines GAV (vorliegend Art. 11 GAV Chor und Ballett-/Tanz; zuständig für die Festlegung der an den jeweiligen Häusern geltenden Mindestgagen ist die von den Sozialpartnern gewählte Tarifkommisson). Sofern an den Häusern Besoldungsordnungen festgelegt werden, welche die Entlöhnung für die Bühnenmitglieder konkretisierend festlegen (z.B. nach Dienstalter, Erfahrungsjahren o.ä.), sind sie Bestandteil der vom GAV vorgesehenen örtlichen Hausordnungen (gleich wie Probenordnungen, Vereinbarungen über Spesenvergütungen etc.), welche zwischen den Bühnenleitungen und den gewählten SzeneSchweiz-Ortsgruppenvertretungen auszuhandeln sind.

Die normativen Bestimmungen des GAV gelten auch für die nicht-gewerkschaftlich organisierten Bühnenmitglieder. Denn die Bühnenkünstler*innen haben sich einzelarbeitsvertraglich ausdrücklich dem GAV angeschlossen (vgl. Art. 4 Abs. 1 und 2 GAV sowie und Formular „Bühnenengagementvertrag“ im Anhang des GAV). Entscheidend ist also nicht die Mitgliedschaft bei SzeneSchweiz oder bei Unia (oder ein späterer Wechsel von der einen zur anderen Gewerkschaft), sondern die Tatsache, dass die Tänzer*innen mit ihren Arbeitsverträgen den Anschluss an den GAV und dessen vorbehaltlose Anerkennung erklärt haben (selbst wenn sie nicht Mitglied von SzeneSchweiz sein sollten).

Zur Friedenspflicht:

Auch die Einhaltung der Friedenspflicht ist einem Anschluss an den GAV inhärent. Tritt ein Bühnenmitglied nachträglich einer anderen Gewerkschaft bei, wird es dadurch nicht davon entbunden, die Regeln des GAV weiterhin einzuhalten, denen es sich einzelarbeitsvertraglich unterworfen hat. Die im Artikel formulierte Auffassung, wonach sich die Tänzer*innen nicht an den GAV halten müssten, sofern sie „nur“ Unia-Mitglied seien, ist gestützt auf die einzelarbeitsvertraglichen Vereinbarungen zwischen dem Theater und den Bühnenmitgliedern nicht zutreffend.