Schweizer Grand Prix Darstellende Künste

Die Choreographin Cindy van Acker aus Genf erhält den Schweizer Grand Prix Darstellende Künste / Hans-Reinhart-Ring 2023. Sie ist sowohl in der etablierten Theaterszene als auch mit ihrer Cie Greffe in der freien Tanzszene international erfolgreich.

Cindy Van Acker, 1971 in Belgien geboren, ist seit vielen Jahren eine der herausragendsten Choreografinnen der Schweiz. 1991 kam sie als Tänzerin zum Ballet du Grand Théâtre in Genf. Von Romeo Castellucci eingeladen, präsentierte sie 2005 an der Biennale in Venedig ihr Solo «Corps 00:00». Dieser Auftritt begründete ihren internationalen Erfolg und eine bis heute andauernde Zusammenarbeit mit Castellucci, vor allem in verschiedenen Operninszenierungen wie zum Beispiel «Don Giovanni» bei den Salzburger Festspielen 2021.

Die Handschrift der feinsinnigen und widerständigen Choreografin zeigt sich in der minutiösen, fast wissenschaftlichen Ausarbeitung ihrer Kreationen, in denen Körper, Musik und Raum zusammenwirken.

Ende Oktober hat ihre neuste Zusammenarbeit an der Oper La Monnaie/De Munt in Brüssel Premiere: «Das Rheingold» von Richard Wagner. Die Handschrift der feinsinnigen und widerständigen Choreografin zeigt sich in der minutiösen, fast wissenschaftlichen Ausarbeitung ihrer Kreationen, in denen Körper, Musik und Raum zusammenwirken.

Choreographin Cindy van Acker

Neun weitere Schweizer Preise Darstellende Künste 2023

Weitere Schweizer Preise Darstellende Künste 2023 gehen an Rébecca Balestra, Bruno Cathomas, Ntando Cele, Tiziana Conte, Barbara Giongo & Nataly Sugnaux Hernandez, Sandro Lunin, den Circus Monti, Jeremy Nedd und die Tellspiele Altdorf.

Neun Schweizer Preise Darstellende Künste gehen an Personen oder Institutionen, die sich in einem Bereich des vielfältigen Schaffens der Darstellenden Künste in der Schweiz verdient gemacht haben: Die «aufstrebende Komödiantin» Rébecca Balestra (*1988) arbeitet als Schauspielerin, Autorin und Regisseurin. Der «grossartige (Volks-)Schauspieler» Bruno Cathomas (*1965) wirkt seit 1992 an vielen renommierten deutschsprachigen Bühnen. Die in Durban geborene, heute in Bern lebende «unbequeme und humorvolle Performerin» Ntando Cele (*1980) thematisiert alltäglichen, versteckten Rassismus. Die «unermüdliche Tanzpromotorin» Tiziana Conte (*1966) setzt sich seit vielen Jahren für die Entwicklung des zeitgenössischen Tanzes im Kanton Tessin ein.

Barbara Giongo & Nataly Sugnaux Hernandez (*1966/*1973) sind «wertvolle Theaterleiterinnen» am Le Grütli in Genf, das als Produktionszentrum einen exzellenten Ruf hat. Der «weltenverbindende Programmmacher» Sandro Lunin (*1958) engagiert sich seit 40 Jahren für die freie Tanz- und Theaterszene und den Austausch mit dem globalen Süden. Das Familienunternehmen Circus Monti (gegr. 1985) ist bekannt für seine «innovative(n) Zirkusgeschichte(n)».

Der aus New York stammende Performer und Choreograf Jeremy Nedd (*1985) lebt in Basel und ist als «global aktiver Tanz-Shootingstar» wegweisend für eine von Diversität geprägte Zusammenarbeit. Die Tellspiele Altdorf (gegr. 1899) sind ein «hochprofessionelles Laientheater», das zu den ältesten und vorbildlichsten Laientheatern der Schweiz zählt.

Mitmachen: Ausschreibung Schweizer Preise Darstellende Künste 2023

Die nächsten Anmeldungen zum «June Johnson Newcomer Prize», zur Tanzproduktion 2023 und zum Kulturerbe Darstellende Künste können vom 26. September bis zum 24. Oktober 2023 auf der Förderplattform (FPF) des BAK eingereicht werden.

 

 

«Non possiamo più tollerare questo deplorevole stato di cose!»

La maggior parte degli artisti svizzeri non riesce a vivere della propria professione nonostante la lunga formazione e gli intensi orari di lavoro. Salva Leutenegger, direttrice di ScenaSvizzera, è furiosa ma sta ancora cercando soluzioni amichevoli.

Per ENSEMBLE, ha intervistato Reda El Arbi / Tradotto dalla versione originale tedesca

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Signora Leutenegger, negli Stati Uniti gli attori e le attrici sono in sciopero. Secondo un recente sondaggio di ScenaSvizzera, anche in Svizzera gli attori non se la passano bene dal punto di vista economico. Che cosa ha rivelato il sondaggio?

Il nostro sondaggio sui salari, che abbiamo inviato a tutti i nostri membri freelance e dipendenti fissi , conferma la nostra esperienza. Anche gli artisti dello spettacolo avrebbero motivo di scioperare, anche se qui – a differenza degli Stati Uniti – il finanziamento della cultura è compito dello Stato e dei Cantoni. Quasi la metà dei liberi professionisti** è pagata tra i 18.000 e i 25.000 franchi all’anno.

Questo è più che vergognoso per un Paese ricco. La metà dei dipendenti fissi dei teatri sovvenzionati guadagna 51.000-70.000 franchi. L’86% dei freelance dichiara inoltre di aver bisogno di un lavoro secondario per sopravvivere. Le persone altamente qualificate (la maggior parte con un master) devono lavorare nella ristorazione, nelle vendite, ecc. per poter pagare le bollette. Si tratta di tempo che manca alla loro professione creativa.

**Gli artisti freelance lavorano in un rapporto di lavoro, sono impiegati per produzioni artistiche su base temporanea.

Si possono individuare le cause di questo fenomeno?

Siamo rimasti sorpresi dai dati sulla percentuale di lavoro non retribuito nelle arti dello spettacolo. La metà degli attori, dei ballerini e dei cantanti freelance dichiara di avere tra il 30 e il 50% di tempo pre e post-produzione non retribuito. Non c’è bisogno di essere un esperto di numeri per capire che gli artisti lavorano all’infinito e guadagnano molto poco.

ScenaSvizzera ha negoziato un contratto collettivo di lavoro con il partner sociale SBV (Unione dei Teatri Svizzeri). Quali sono le basi e dove c’è spazio di manovra o potenziale di miglioramento?

Nei teatri con contratto collettivo di lavoro (CCL), gli artisti godono di sicurezza sociale, ci sono lunghi periodi di preavviso per disdire i contratti e ricevono un reddito regolare. Anche i freelance che vengono chiamati per le produzioni, lavorano per un periodo limitato sotto la protezione del CCL.

I partner sociali SBV (Unione dei Teatri Svizzeri) e ScenaSvizzera si incontrano ogni anno per fissare i salari minimi su base paritaria. Purtroppo, troppi artisti si fermano al salario minimo per troppo tempo senza fare carriera. Vediamo l’urgente necessità di un intervento, di cui abbiamo già discusso, ma vorremmo svolgere un ruolo di primo piano nell’ambito del partenariato sociale.

In che modo si differenzia il settore svizzero, ad esempio, da quello statunitense o europeo?

Naturalmente, ci sono Paesi europei in cui gli artisti soffrono ancora più dei nostri. Mentre negli Stati Uniti, ad esempio, la promozione culturale è privatizzata, la Svizzera ha sposato la causa della promozione della cultura, per così dire. La promozione cinematografica è finanziata quasi esclusivamente dalla Confederazione, i Teatri sotto il CCL  hanno contratti di sovvenzione con città e cantoni.

Anche  fondazioni sostengono  progetti culturali, tra cui dalla scena indipendente. Il Paese quadrilingue ha una responsabilità molto particolare nel promuovere e proteggere la diversità culturale delle regioni linguistiche, motivo per cui i confronti con altri Paesi sono sempre un po‘ difficili.

„… dipendente dai fondi pubblici e dal pubblico pagante“.

Recentemente c’è stata un’azione di protesta di Unia al teatro di Basilea.  ScenaSvizzera non ne è stata contenta. Può spiegare perché gli ensemble dovrebbero astenersi dalle misure di lotta?

Proprio perché la cultura in Svizzera è sostenuta in modo istituzionalizzato, è difficile condurre una battaglia diretta tra dipendenti e datori di lavoro. I datori di lavoro sono le istituzioni culturali che dipendono dai fondi pubblici e dal pubblico pagante. Le azioni di protesta sul palcoscenico del Theater Basel possono aver portato a un aumento dei salari nel breve periodo, ma le conseguenze a medio e lungo termine potrebbero essere meno positive. Il pubblico era in parte irritato e sopraffatto.

Le azioni hanno anche portato sulla scena partiti di destra, non sempre favorevoli alla cultura. Il nostro Paese è governato da partiti borghesi o di destra, gli scioperi e le proteste dei lavoratori non sono graditi  in questi ambienti. Poiché ScenaSvizzera non vuole rischiare tagli ai finanziamenti, preferiamo il dialogo sociale e i negoziati agli scioperi.

Secondo l’indagine, il divario di genere esiste anche tra gli artisti. Può dirci qualcosa sulle ragioni di questo fenomeno?

Sì, esiste anche un divario di genere nelle arti dello spettacolo, soprattutto tra i freelance. Non è così grande come in altri settori, ma nella fascia di età media tra i 30 e i 49 anni, il 5% in più di uomini rispetto alle donne guadagna 70.000 franchi svizzeri e oltre. Nella fascia di età 50-65 anni, la differenza di reddito tra uomini e donne è compresa tra il 5 e il 10%.

In Svizzera, il finanziamento della cultura dipende molto dalle sovvenzioni. Il denaro non è sufficiente o è distribuito in modo sbagliato quando è evidente che gran parte degli artisti non può vivere con il proprio reddito?

Naturalmente, in linea di principio, i sussidi potrebbero essere più alti. Ma non credo che le priorità cambierebbero. Ciò significa che gli artisti sono sempre in fondo alla catena alimentare.

Non possiamo più accettare questo stato di cose deplorevole: è assolutamente necessario che il lavoro artistico venga migliorato e inserito nel bilancio come priorità. Una scenografia molto elaborata e costosa è certamente bella, ma alla fine le persone sono i pilastri portanti delle arti dello spettacolo.

Quali sono i prossimi passi di ScenaSvizzera per migliorare la situazione del settore?

Nell’ambito delle sovvenzioni, vogliamo sostenere maggiormente gli operatori culturali, i teatri, gli organizzatori di eventi, ecc. Un primo passo sarà quello di convincere il nostro partner sociale a coinvolgere ScenaSvizzera nei contratti di sovvenzione.

«Nous ne pouvons plus tolérer cette situation inacceptable!»

La majorité des artistes suisses du spectacle ne peuvent pas vivre de leur métier malgré une longue formation et des horaires de travail intenses. Salva Leutenegger, directrice de ScèneSuisse, est en colère et cherche malgré tout des solutions à l’amiable.

Interview de Reda El Arbi pour ENSEMBLE / Traduit de la version originale allemande

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Madame Leutenegger, aux États-Unis, les acteurs·trices sont en grève. Selon un récent sondage de ScèneSuisse, la situation financière des artistes du spectacle en Suisse n’est pas brillante non plus. Qu’a révélé ce sondage ?

Notre enquête sur les salaires, que nous avons envoyée à tous nos membres, employés permanents et intermittents, confirme nos constatations. En Suisse aussi, les artistes du spectacle auraient des raisons de faire grève, même si, contrairement aux États-Unis, l’encouragement de la culture est une tâche de l’État et des cantons. Près de la moitié des professionnels intermittents* évoluent dans une fourchette de salaire comprise entre 18’000 et 25’000 CHF par an.

C’est une situation des plus honteuses pour un pays riche. Parmi les employé·e·s fixes des maisons subventionnées, la moitié gagne entre 51’000 et 70’000 CHF. Les intermittent·e·s déclarent en outre à 86% avoir besoin d’avoir un travail alimentaire pour survivre. Des personnes hautement qualifiées (la grande majorité ayant un master) doivent travailler dans la restauration, la vente, etc. pour pouvoir payer leurs factures. C’est du temps qui manque dans leur activité créative.

*Les artistes du spectacle intermittents travaillent sous statut de salarié, ils sont engagés pour une durée déterminée pour des productions artistiques.

Peut-on en identifier les causes ?
Nous avons été surpris par les données relatives à la part de travail non rémunéré dans les arts du spectacle. La moitié des comédiens·ennes, danseurs·euses et chanteurs·euses indépendant·e·s indiquent avoir entre 30 et 50% de temps de préparation et de finition non rémunéré. Il n’est pas nécessaire d’être un acrobate des chiffres pour se rendre compte que les artistes travaillent sans compter et gagnent très peu.

ScèneSuisse a négocié une convention collective de travail avec son partenaire social, l’UTS (Union des théâtres suisses). Quelles en sont les bases et où y a-t-il une marge de manœuvre ou un potentiel d’amélioration ?
Dans les maisons dotées d’une convention collective de travail (CCT), les artistes* bénéficient d’une sécurité sociale, de longs délais de préavis et d’un revenu régulier. Les intermittents auxquels il est fait appel pour des productions travaillent également pour une durée limitée sous la protection de la CCT.

Les partenaires sociaux UTS (Union des Théâtres Suisses) et ScèneSuisse se rencontrent chaque année pour fixer de manière paritaire les salaires minimaux. Malheureusement, trop d’artistes restent trop longtemps bloqués sur le salaire minimum sans faire de carrière salariale significative. Nous estimons qu’il est urgent d’agir dans ce domaine, et même si nous en avons déjà discuté, nous souhaitons jouer un rôle prépondérant dans le cadre du partenariat social.

En quoi la branche suisse se distingue-t-elle de celle des États-Unis ou de l’Europe, par exemple ?
Bien sûr, il y a des pays européens où les artistes souffrent encore plus que chez nous. Alors qu’aux États-Unis, par exemple, l’encouragement de la culture est privatisé, la Suisse a pour ainsi dire fait de l’encouragement de la culture son cheval de bataille. La promotion du cinéma est presque exclusivement soutenue par la Confédération, les théâtres CCT ont des contrats de subvention avec les villes ou les cantons.

Des fondations soutiennent également des projets culturels, entre autres de la scène indépendante. Le pays quadrilingue a la responsabilité toute particulière de promouvoir et de protéger la diversité culturelle des régions linguistiques, raison pour laquelle la comparaison avec d’autres pays est toujours un peu difficile.

… dépendant de l’argent public et du public payant

Le Théâtre de Bâle a récemment été le cadre d’une action de protestation d’Unia. ScèneSuisse ne s’en est pas réjoui. Pouvez-vous nous expliquer pourquoi les ensembles devraient s’abstenir de toute mesure de lutte ?

C’est justement parce que la culture est encouragée de manière institutionnalisée en Suisse qu’il est difficile de mener une lutte directe entre employés et employeurs. Les employeurs sont des institutions culturelles qui dépendent de l’argent public et du public payant. Les actions de protestation sur la scène du Théâtre de Bâle ont certes entraîné une hausse des salaires à court terme, mais les conséquences à moyen et long terme pourraient être moins positives. Une part du public était irritée et dépassée par les événements.

Ces actions ont également fait réagir les partis de droite, pas toujours favorables à la culture. Notre pays est gouverné par le centre droit et la droite conservatrice, les grèves et les protestations des travailleurs sont l’œuvre du diable pour ces milieux. Comme ScèneSuisse ne veut pas risquer des coupes dans les subventions, nous préférons le dialogue et les négociations entre partenaires sociaux aux grèves.

Selon l’enquête, l’écart entre les sexes existe aussi chez les acteurs. Pouvez-vous nous en dire un peu plus sur les raisons de ce phénomène ?
Oui, il y a aussi un écart entre les sexes dans les arts du spectacle – surtout chez les intermittents. Il n’est certes pas aussi important que dans d’autres secteurs, mais dans la tranche d’âge moyenne de 30 à 49 ans, les hommes sont 5% plus nombreux que les femmes à gagner 70 000 CHF et plus. Dans la tranche d’âge 50-65 ans, la différence de revenus entre hommes et femmes se situe entre 5 et 10%.

En Suisse, le financement de la culture dépend beaucoup des subventions. Les fonds ne suffisent-ils pas ou sont-ils mal répartis, puisqu’il est clair qu’une grande partie des artistes ne peuvent pas vivre de leurs revenus ?
Bien sûr, les subventions pourraient en principe être plus élevées. Mais je ne pense pas que cela changerait quoi que ce soit à la définition des priorités. Les artistes seront toujours en bas de la chaîne alimentaire.

Nous ne pouvons plus accepter cette situation, le travail artistique doit absolument être revalorisé et priorisé dans le budget. Un décor très élaboré et coûteux est certes beau, mais en fin de compte, ce sont les êtres humains qui sont les piliers des arts de la scène.

Quelles sont les prochaines étapes de ScèneSuisse pour améliorer la situation dans la branche ?
Dans le domaine des subventions, nous voulons soutenir davantage les acteurs culturels, les théâtres, les organisateurs, etc. Une première étape consistera à convaincre notre partenaire social que Scène Suisse doit participer aux contrats de subventionnement.

I | D Tavola rotonda sugli esordi della danza moderna e contemporanea in Ticino

Istituita nel 1982 dal comitato di danza dell‘Istituto Internazionale del Teatro (ITI) e fissata al 29.04, giorno di nascita del ballerino e coreografo Jean-Georges Noverre (1727-1810), la giornata internazionale della danza celebra ogni espressione e declinazione di questa forma d’arte. Nel tradizionale messaggio annuale, affidato quest’anno a Yang Liping, la danzatrice e coreografa di danza folk cinese pone lo sguardo sulla continuità tra tradizione e autor* odiern*.

Testo di Katja Vaghi

Similmente incentrata sulle linee della continuità orale in danza e sulla loro fragilità, è stata l’anteprima ticinese della Festa Danzante che da diversi anni ricorre per la Giornata Internazionale della Danza. Coordinato da RESO, l’appuntamento invita la Svizzera a danzare. Nella cornice dello splendido e arioso chiostro dell’ex Asilo Ciani di Lugano, l’invito proposto era alla memoria della danza e al danzare la memoria così da riportarla in vita. La danza evapora nel momento stesso in cui il gesto è portato in scena. L’unico modo per non farla sparire è incarnarne il gesto come proposto dal workshop pomeridiano e dallo spettacolo serale „Save the Last Dance“ della compagnia Alessandro Sciaroni che hanno avvicinato il pubblico alla polka chinata, tipica danza di corteggiamento, molto fisica e quasi dimenticata, eseguita fino alla Prima Guerra Mondiale esclusivamente da uomini sotto i portici di Bologna. Alla memoria della danza ticinese era invece dedicata la tavola rotonda sullo sviluppo della danza nella Svizzera italiana che ha visto la presenza di gran parte de* autor* attiv* tra gli anni ’80 e ’90.

La danza evapora nel momento stesso in cui il gesto è portato in scena.

Molti sanno della comunità di idealisti che alla ricerca di una società migliore si insedia all’inizio del XX secolo sul Monte Verità. Meno nota ne è invece l’importanza per lo sviluppo della danza moderna europea, o Ausdruckstanz. È nelle estati tra il 1913 e il 1919, in piena Prima Guerra Mondiale, che Rudolf von Laban sperimenta con un gruppo di danzatrici/i un nuovo modo di muoversi e di concepire il corpo. Le ricerche sul movimento sono poi ulteriormente sviluppate da allieve come Mary Wigman a Dresda, Susanne Perrottet a Zurigo e Katja Wullf a Basilea. Le ultime due figure, anche associate al movimento dada del Cabaret Voltaire, sono fondamentali non solo per la danza e la cultura svizzera, ma anche per una visione più ampia della funzione della danza nella società, come testimonia il fatto che Max Bircher-Benner e Carl G. Jung inviano pazienti alle lezioni della Perrottet. Cosa accade in Ticino quando queste influenti personalità della danza ripartono per la Svizzera interna e la Germania? Negli ultimi anni, l’attenzione si è concentrata su Charlotte Bara danzatrice belga-tedesca della Repubblica di Weimar, specializzata in danze sacre, che si stabilisce ad Ascona negli anni 20. L’architetto Carl Weidemeyer è incaricato di costruirle un teatro da camera in stile Bauhaus, il Teatro San Materno, realizzato tra il 1927 e il 1948. Cosa è successo invece in epoca più recente? La tavola rotonda „Noi c’eravamo“ ha voluto gettare una luce sulle radici della danza contemporanea in Ticino con l’obiettivo di comprendere il presente e considerare il futuro della danza nella Svizzera italiana. A condividere uno spaccato del proprio mondo creativo e concezione del movimento sono stati Claudio Schott, Margit Huber, Nunzia Tirelli, Claudio Prati e Ariella Vidach (AiEP).

Le ultime due figure, anche associate al movimento dada del Cabaret Voltaire, sono fondamentali non solo per la danza e la cultura svizzera, ma anche per una visione più ampia della funzione della danza nella società, come testimonia il fatto che Max Bircher-Benner e Carl G. Jung inviano pazienti alle lezioni della Perrottet.

Il punto di partenza della tavola rotonda, avviata dalla danzatrice, coreografa e ricercatrice di danza Katja Vaghi, è uno studio sul danzatore e coreografo Claudio Schott, che ha fondato la prima compagnia di danza contemporanea in Ticino, il Gruppo Teatro Danza (1983-1988). Il gruppo, in seguito ribattezzato Progetto Danza Hortus Saltationis (1988-1996), ha riunito molti professionisti della danza presenti sul territorio in quegli anni, portando la danza all’attenzione del pubblico ticinese. Il progetto di ricerca ha ricevuto il finanziato al patrimonio performativo svizzero offerto dall’Ufficio federale della cultura nel 2021 ed è coadiuvato dall’Accademia Dimitri. La tavola rotonda ha seguito due linee di indagine. Da un lato, si è a posto l’accento sulla transnazionalità della danza, evidenziando la ricchezza di approcci al movimento e al corpo presenti in un territorio così ristretto. Il Ticino è una terra di passaggio, un ponte tra la Svizzera interna e il bacino del Nord Italia. L’assenza di una formazione professionale in danza porta le persone che aspirano a una carriera in questo campo a recarsi in Svizzera interna o all’estero. Le competenze e l’esperienza vengono poi portate in Ticino quando l’artista decide di tornare. L’altro filone di discussione era orientato a rievocare il clima di sperimentazione e ribellione caratteristico degli anni ’80 e ’90: l’eterogeneità del training dei pochi danzatori sul territorio, il rapporto con i gruppi teatrali indipendenti e la costituzione di un’associazione professionale a difesa degli interessi di categoria (TASI).

Da un lato, si è a posto l’accento sulla transnazionalità della danza, evidenziando la ricchezza di approcci al movimento e al corpo presenti in un territorio così ristretto. Il Ticino è una terra di passaggio, un ponte tra la Svizzera interna e il bacino del Nord Italia.

Claudio Schott, spinto dal suo precoce desiderio di diventare un danzatore, si trasferisce dalla conservativa Lugano a Londra dove si forma in tecnica Graham e Cunningham al programma serale della London Contemporary Dance School (LCDS). In Gran Bretagna lavora come danzatore, coreografo e pedagogo con ingaggi con la compagnia Images Dance Theatre e l’English National Opera. In seguito ad una svolta nella politica di immigrazione, ritorna a Lugano e tra il 1981 e il 1996 fonda e dirige la prima scuola e compagnia di danza contemporanea in Ticino. Narratore di storie, i suoi lavori sono chiaramente ispirati alle tecniche di movimento che ha studiato. L’innovazione avviene a livello tematico, con l’omosessualità e le relazioni di coppia in primo piano rispetto al movimento astratto. È stato segretario del TASI e tra i promotori nel 1996 del primo Festival di danza in Ticino, TI-danza.

Narratore di storie, i suoi lavori sono chiaramente ispirati alle tecniche di movimento che ha studiato. L’innovazione avviene a livello tematico, con l’omosessualità e le relazioni di coppia in primo piano rispetto al movimento astratto.

Margit Huber si è formata a Herisau alla scuola di Sigurd Leeder, esponente della Ausdruckstanz, e danza con Choreo 77 prima di trasferirsi in Ticino nel 1982. Dopo alcuni anni apre la sua scuola e fonda la sua compagnia nel 2000. Lavora come danzatrice e coreografa con e per il Gruppo Teatro Danza prima di tornare alla ricerca come solista. La sua produzione si concentra sul trascendentale e sulla natura, con influssi dell’I-Ching e dei quattro elementi cosmici. Questa sensibilità verso un quadro più ampio della realtà, la porta a studiare Butoh, tecnica di movimento postmoderna giapponese legata all‘Ausdruckstanz. Impegnata politicamente per il riconoscimento e la difesa del teatro libero nella Svizzera italiana, è stata uno dei primi membri attivi della TASI, insieme a Schott.

La sua produzione si concentra sul trascendentale e sulla natura, con influssi dell’I-Ching e dei quattro elementi cosmici. Questa sensibilità verso un quadro più ampio della realtà, la porta a studiare Butoh, tecnica di movimento postmoderna giapponese legata all‘Ausdruckstanz.

Nunzia Tirelli si è unita a Claudio Schott e al Progetto Danza come danzatrice e coreografa dopo aver studiato diverse tecniche di danza moderna e contemporanea in Italia. Il suo interesse per le potenzialità espressive del corpo in moto sulla scena l’ha portata a muoversi tra teatro e danza, collaborando per lungo tempo con Cristina Castrillo e il Teatro delle Radici. Nel corso degli anni, guidata dalla sua insaziabile curiosità per il movimento, ha conseguito diverse formazioni come analista del movimento, Bartenieff e di studi cronologici, percorsi tutti incentrati sulle idee sul movimento di Rudolf von Laban. Tra il 2012 e il 2021 dirige il Laban Event che riporta con conferenze e ricostruzioni di opere di von Laban l’Ausdrucktanz al Monte Verità. È tuttora attiva come danzatrice, coreografa e pedagoga e fa parte della giuria federale per le arti performative.

Claudio Prati e Ariella Vidach si incontrano durante una lezione di Contact improvisation a New York, dove si erano trasferiti per approfondire i loro rispettivi percorsi nelle arti visive e performative, e nella danza. L’interesse di Vidach per l’improvvisazione e le tecniche di danza postmoderna si incontra con la videoarte di Prati. Nel 1988 tornano in Ticino e creano la loro compagnia Avventure in Elicottero Prodotti (AiEP) in cui la danza e le nuove tecnologie interagiscono dal vivo sul palcoscenico, un approccio rivoluzionario e visionario per l’epoca. Attivi tra il Ticino e Milano, hanno ricevuto il premio per la danza dell’ufficio Federale della Cultura nel 2017 per i loro lavori futuristici, in cui il corpo e i media digitali interagiscono alla pari sul palco.

L’incontro si è chiuso con un appello lanciato dal publico in sala alla nuova generazione ad essere incisiva nelle sue azioni artistiche e politiche.

A contribuire alla retrospettiva è stata anche la presenza in platea di numeros* protagonist* della comunità artistica dell’epoca, per citarne alcuni, Camilla Lombardo, danzatrice che ha lavorato per Claudio Schott, pedagoghi della danza (Manuela Rigo e Mi Jung Manfrini), autori del teatro indipendente (Cristina Castrillo), costumist*, ex alliev* di danza e giornalist*. L’incontro si è chiuso con un appello lanciato dal publico in sala alla nuova generazione ad essere incisiva nelle sue azioni artistiche e politiche.

Neues im Juli: Über 6000 Unterschriften übergeben!

SzeneSchweiz Berufsverband Darstellende Künste hat die Petition „Rettet STOK & KELLER62“ auf ACT, der Petitionsplattform von Campax, gestartet. Campax ist eine Bewegung, bei der sich über 250’000 Engagierte für soziale, wirtschaftliche & ökologische Fairness einsetzen.

Wenn Du ein Anliegen hast, das Dir viel bedeutet und das Du voran bringen möchtest, dann kannst Du deine eigene Kampagne hier starten und für den Newsletter anmelden.

Folgendes Communiqueé wurde den Unterzeichnenden am 3. Juli geschickt:

Liebe Unterstützer*innen!

Euer Einsatz für den Erhalt der beiden Zürcher Kleintheater ist auch heute überwältigend und einmalig. Danke.

Am vergangenen Mittwoch war es so weit und wir haben uns vor dem Rathaus Hard getroffen, um in Anwesenheit der Medien unsere Petition an die Stadtpräsidentin zu übergeben. Frau Mauch ist nun um 6247 Unterschriften reicher. Und wir geben alles, damit sie damit auch das Richtige anstellt. Sie ist per Gesetz verpflichtet, auf die Petition innerhalb von 6 Monaten zu antworten. Warten wir ab.

Ein weiterer Schritt auf dem noch langen Weg zur Rettung von Theater STOK und Keller62 ist getan. Grosser Dank geht an alle, die helfen, an alle, die vor dem Rathaus dabei waren und mitgeholfen haben und an alle, die unterschrieben haben! Ein grosser Dank geht auch an die Medien, die unsere Sache von Anfang an für wichtig halten und sie ausdauernd und sehr gut begleiten.

Die nächsten Schritte sehen wie folgt aus. Der Rekurs-Prozess ist im vollen Gange. Am Ende entscheidet der Bezirksrat und gibt den beiden Rekursen statt oder weist sie ab. Im Falle einer Abweisung steht uns der weitere Rechtsweg offen.

Den politischen Weg gehen wir schon länger und er ist vielversprechend, wenn auch da keine Sicherheit herrscht. Am 12. Juli soll der Gemeinderat über das Geschäft „Tanz und Theater-Konzeptförderung“ beraten und entscheiden.

Ja, und wenn alle Stricke reissen, haben wir noch die Initiative als politisches Instrument, das wir einsetzen können.

Wie es alles kommt, wissen wir nicht. Was wir wollen, wissen umso klarer. Und eine Fortsetzung folgt bestimmt. Wir bleiben dran. Das können wir versprechen. Und wir berichten euch wieder.

Bitte bleibt ihr auch dran, helft mit, das Thema „Rettung STOK und Keller62“ nicht untergehen zu lassen.

Erst die Kleinen machen Zürich gross.

Und stellt euch vor, wir schaffen es – was gibt das für ein Fest!!

Möchtet ihr etwas wissen oder fragen, schreibt uns bitte jederzeit, am besten über die jeweiligen Mailadressen der zwei Theater.

Ganz liebe Grüsse und bis bald!

Lubosch Held, Verein Keller62, künstlerischer Leiter Keller62 

Peter Doppelfeld, Verein Theater STOK; Leiter Theater STOK 


Neuer Podcast «Kunstlicht»

Aktuelle Diskussionen um die Künste und ihren Impact auf gesellschaftliche Themen

Die Zürcher Hochschule der Künste (ZHdK) lanciert einen neuen Podcast: In «Kunstlicht» diskutieren Eva Pauline Bossow und Jörg Scheller gesellschaftsrelevante Themen aus Sicht der Kunstwelt.

Der neue Podcast «Kunstlicht» ist nah dran an aktuell diskutierten Themen: Es geht um  Triggerwarnungen, Debattenkultur oder was genau eigentlich Innovation bedeutet. Aus Perspektive der Kunstwelt werden gesellschaftliche Fragen verhandelt, immer unter der Prämisse, dass Kunst «Zugänge zur Welt vermittelt, die nicht so ohne weiteres formalisierbar, planbar, standardisierbar, domestizierbar sind. Deshalb bildet Kunst ein Risiko.»

Diesem Risiko stellen sich die Hosts des Podcasts mit Eloquenz und Lust an der Debatte. Das Gespann hat einen vielfältigen Hintergrund: Eva Pauline Bossow kennt das Dreieck Kreativwirtschaft, öffentliche Kulturinstitutionen und Privatwirtschaft aus unterschiedlichen Positionen und ist heute als Beirätin und Beraterin aktiv. An der ZHdK war sie im Zurich Centre for Creative Economies (ZCCE) sowie im Digitalrat tätig. Jörg Scheller ist Professor im Departement Fine Arts, unterrichtet Kunstgeschichte und ist leidenschaftlicher Bodybuilder und Heavy-Metal Musiker.

Ergänzt werden ihre Positionen durch spannende Gäste. In der Rubrik «Fernlicht» kommen unter anderem ZHdK-Alumni zu Wort, die nicht in klassischen Kunstberufen tätig sind. Zum Beispiel erzählt Fine-Arts-Alumna Lauren Wildbolz, wie sie das erste vegane Restaurant der Schweiz eröffnet hat.

Jetzt reinhören auf Spotify oder ITunes.

Delegiertenversammlung: Eine Vision für die Zukunft

Matthias Albold eröffnet die diesjährige Delegiertenversammlung von SzeneSchweiz mit einer fulminanten und berührenden Rede. Er weist auf die Schwierigkeiten des vergangenen Jahres hin und betont, dass dies angesichts der Pandemie und des Ukrainekonfliktes auch an der Theaterfront nicht spurlos vorbeiginge.

„Endlich … sie spielen wieder. Sogar der Winter ohne epidemiologischen Unterbruch in den Spielplänen an den Theatern. Back to normal … sollte man meinen. Weiter geht’s, Vorhang auf, rein in die alten Bewegungs- und Verhaltensmuster. Die Zuschauer strömen, der Applaus ist uns sicher, weiter so und alles von vorne“, resümiert Matthias Albold die Rückkehr der Kultur nach Pandemie im letzten Jahr.

Alles gut? Nicht ganz Albold beobachtet mit Unbehagen eine Schwere im Weltgeschehen, einen Skeptizismus und wie Konflikte seit der Pandemie anders geführt werden. Doch genau jetzt wäre die Zeit, im und durch Theater Blickwinkel zu öffnen und die Gesellschaft zu spiegeln.

Stattdessen gibt es immer wieder Schlagzeilen misslungene Premieren, verlorengegangenes Publikum und Machtmissbrauch, unzumutbare Arbeitszeiten und Künstler*innen in prekären Umständen. Er betont deshalb einmal mehr den wichtigen Stellenwert der Kulturschaffenden in der Schweiz, sowie die Rolle des Verbandes im Kulturgeschehen.

„Endlich … sie spielen wieder. Sogar der Winter ohne epidemiologischen Unterbruch in den Spielplänen an den Theatern. Back to normal … sollte man meinen. Weiter geht’s, Vorhang auf, rein in die alten Bewegungs- und Verhaltensmuster. Die Zuschauer strömen, der Applaus ist uns sicher, weiter so und alles von vorne.“ Doch ganz so ist es nicht!

Flachere Strukturen würden überall angestrebt, bedeuteten aber längere Wege zur Entscheidungsfindung: mehr Sitzungen und Diskussionen in den Chefetagen, Lagerhaltungskosten, um nachhaltig Bühnenbilder aufzubewahren u.v.m. Das alles koste Zeit und Geld, so Albold, Nur die wenigsten Theater bekämen tatsächlich mehr davon gutgesprochen und somit kommen diese Dinge dazu, wie der Disponent auch aus eigener Erfahrung erklärte. Das führt entweder zu Mehrbelastung der Belegschaft oder zu Qualitätseinbussen in den Produktionsbedingungen. Genau hier ist SzeneSchweiz als Verband gefragt, um die Interessen der Arbeitnehmer zu schützen und den Wunsch aller nach mehr Mitsprache, ökologischem und diversem Bewusstsein zu unterstützen.

Des Weiteren konnten Rechtsstreitigkeiten zugunsten des Verbandes beigelegt werden, der Gesamtarbeitsvertrag für das künstlerische Solopersonal bereinigt und neu aufgesetzt werden und gemeinsam mit dem Schweizerischen Bühnenverband SBV konnte Gehör für die Ausnahmeregelung beim SECO erlangt werden. Im Übrigen zeigte sich der Sozialpartner bei der diesjährigen Tarifkommissionssitzung gesprächsbereit und legte ein moderates, aber akzeptables Mindestgagenwachstum an den Tag.

SzeneSchweiz ist Sozialpartner des Schweizerischen Bühnenverbandes SBV. Zusammen führen die vertragsschliessenden Verbände zwei Gesamtarbeitsverträge, die auf alle dem SBV angeschlossene Theater und das von ihnen beschäftigten Solo- und Gruppenpersonal Anwendung finden.

Besonders im Hinblick auf Subventionsverhandlungen ist es wichtig, als Arbeitnehmervertretung zu diskutieren – die Mindestgagen sollen weiterwachsen, als wichtigen Schrittmacher für die Lohnentwicklung

Besonders im Hinblick auf Subventionsverhandlungen ist es wichtig, als Arbeitnehmervertretung zu diskutieren – die Mindestgagen sollen weiterwachsen, als wichtigen Schrittmacher für die Lohnentwicklung, auch für die Freischaffenden. Er sagt dazu: „Unser Verband ist traditionell aus den Theaterhäusern herausgewachsen und die stetig steigenden Mitgliederzahlen sind nicht nur ein Beweis für eure gute Arbeit, sondern auch ein Indikator für die Umgestaltung unseres Berufsstandes. Früher waren die «Festen» in der Überzahl, heute sind es die «Freien».“ Dennoch steht noch viel Arbeit, beispielsweise im Hinblick auf die Grundsicherung im Tessin, die mit den Partnerverbänden über Suisseculture beim Bund und den Kantonen Gehör finden soll. In der Romandie konnte durch die tatkräftige Unterstützung durch Viviane Bonelli Aktivitäten wie unsere Workshops regional durchgeführt werden.

Mehrfach-Mitgliedschaften

Seit Jahren kommt im Rahmen der Zusammenarbeit mit anderen Verbänden die Idee einer Vereinbarung zu Doppelmitgliedschaften für darstellende Künstler*innen auf, konkretisiert wurde sie bisher nicht. Bisher ist offiziell nicht bekannt, wie viele SzeneSchweiz-Mitglieder auch in anderen Kulturverbänden organisiert sind, aber der Wunsch nach einer vergünstigten Doppelmitgliedschaft wird immer wieder an den Verband herangetragen.

Verschiedene vollzahlende Mitgliedschaften sind gerade für Freischaffende viel zu teuer. Kulturverbände bieten z. T. unterschiedliche Dienstleistungen an, wovon die Mitglieder von SzeneSchweiz mit einer zwischen den Verbänden vereinbarten Doppelmitgliedschaft mit stark reduziertem Mitgliederbeitrag profitieren könnten. Die Delegierten von SzeneSchweiz haben an der Delegiertenversammlung den Antrag, in den Statuten die vergünstigte Doppelmitgliedschaft vorzusehen, einstimmig angenommen.

„Unser Verband ist traditionell aus den Theaterhäusern herausgewachsen und die stetig steigenden Mitgliederzahlen sind nicht nur ein Beweis für eure gute Arbeit, sondern auch ein Indikator für die Umgestaltung unseres Berufsstandes. Früher waren die «Festen» in der Überzahl, heute sind es die «Freien».“

Matthias Albold, Präsident SzeneSchweiz – Berufsverband Darstellende Künste SzeneSchweiz

All das wäre nicht möglich, ohne die grossartige Arbeit der Geschäftsleiterin Salva Leutenegger und ihrem Team und allen anderen Involvierten, wie den beiden Anwält*innen, Vorstandskolleg*innen und Stellvertreter*innen, sowie den Obleuten – als wichtige Bindeglieder zu einer erfolgreichen Zusammenarbeit.


Neu besteht der Vorstand aus 12 Mitgliedern:

Freischaffende:

Oliver Dähler

Igor Mamlenkov

Martin Ostermeier

Catherine Pagani

Manuela Rigo

Alexandre Pelichet   

Festangestellte:

Matthias Albold

Cheyne Davidson       

Damien Liger      

Lisa Lorenz                    

Georgia Knower                          

Sascha Soydan    


Diese und andere Vergünstigungen und Dienstleistungen sind durch SzeneSchweiz für alle Mitglieder gewährleistet: