I | D Tavola rotonda sugli esordi della danza moderna e contemporanea in Ticino

Istituita nel 1982 dal comitato di danza dell‘Istituto Internazionale del Teatro (ITI) e fissata al 29.04, giorno di nascita del ballerino e coreografo Jean-Georges Noverre (1727-1810), la giornata internazionale della danza celebra ogni espressione e declinazione di questa forma d’arte. Nel tradizionale messaggio annuale, affidato quest’anno a Yang Liping, la danzatrice e coreografa di danza folk cinese pone lo sguardo sulla continuità tra tradizione e autor* odiern*.

Testo di Katja Vaghi

Similmente incentrata sulle linee della continuità orale in danza e sulla loro fragilità, è stata l’anteprima ticinese della Festa Danzante che da diversi anni ricorre per la Giornata Internazionale della Danza. Coordinato da RESO, l’appuntamento invita la Svizzera a danzare. Nella cornice dello splendido e arioso chiostro dell’ex Asilo Ciani di Lugano, l’invito proposto era alla memoria della danza e al danzare la memoria così da riportarla in vita. La danza evapora nel momento stesso in cui il gesto è portato in scena. L’unico modo per non farla sparire è incarnarne il gesto come proposto dal workshop pomeridiano e dallo spettacolo serale „Save the Last Dance“ della compagnia Alessandro Sciaroni che hanno avvicinato il pubblico alla polka chinata, tipica danza di corteggiamento, molto fisica e quasi dimenticata, eseguita fino alla Prima Guerra Mondiale esclusivamente da uomini sotto i portici di Bologna. Alla memoria della danza ticinese era invece dedicata la tavola rotonda sullo sviluppo della danza nella Svizzera italiana che ha visto la presenza di gran parte de* autor* attiv* tra gli anni ’80 e ’90.

La danza evapora nel momento stesso in cui il gesto è portato in scena.

Molti sanno della comunità di idealisti che alla ricerca di una società migliore si insedia all’inizio del XX secolo sul Monte Verità. Meno nota ne è invece l’importanza per lo sviluppo della danza moderna europea, o Ausdruckstanz. È nelle estati tra il 1913 e il 1919, in piena Prima Guerra Mondiale, che Rudolf von Laban sperimenta con un gruppo di danzatrici/i un nuovo modo di muoversi e di concepire il corpo. Le ricerche sul movimento sono poi ulteriormente sviluppate da allieve come Mary Wigman a Dresda, Susanne Perrottet a Zurigo e Katja Wullf a Basilea. Le ultime due figure, anche associate al movimento dada del Cabaret Voltaire, sono fondamentali non solo per la danza e la cultura svizzera, ma anche per una visione più ampia della funzione della danza nella società, come testimonia il fatto che Max Bircher-Benner e Carl G. Jung inviano pazienti alle lezioni della Perrottet. Cosa accade in Ticino quando queste influenti personalità della danza ripartono per la Svizzera interna e la Germania? Negli ultimi anni, l’attenzione si è concentrata su Charlotte Bara danzatrice belga-tedesca della Repubblica di Weimar, specializzata in danze sacre, che si stabilisce ad Ascona negli anni 20. L’architetto Carl Weidemeyer è incaricato di costruirle un teatro da camera in stile Bauhaus, il Teatro San Materno, realizzato tra il 1927 e il 1948. Cosa è successo invece in epoca più recente? La tavola rotonda „Noi c’eravamo“ ha voluto gettare una luce sulle radici della danza contemporanea in Ticino con l’obiettivo di comprendere il presente e considerare il futuro della danza nella Svizzera italiana. A condividere uno spaccato del proprio mondo creativo e concezione del movimento sono stati Claudio Schott, Margit Huber, Nunzia Tirelli, Claudio Prati e Ariella Vidach (AiEP).

Le ultime due figure, anche associate al movimento dada del Cabaret Voltaire, sono fondamentali non solo per la danza e la cultura svizzera, ma anche per una visione più ampia della funzione della danza nella società, come testimonia il fatto che Max Bircher-Benner e Carl G. Jung inviano pazienti alle lezioni della Perrottet.

Il punto di partenza della tavola rotonda, avviata dalla danzatrice, coreografa e ricercatrice di danza Katja Vaghi, è uno studio sul danzatore e coreografo Claudio Schott, che ha fondato la prima compagnia di danza contemporanea in Ticino, il Gruppo Teatro Danza (1983-1988). Il gruppo, in seguito ribattezzato Progetto Danza Hortus Saltationis (1988-1996), ha riunito molti professionisti della danza presenti sul territorio in quegli anni, portando la danza all’attenzione del pubblico ticinese. Il progetto di ricerca ha ricevuto il finanziato al patrimonio performativo svizzero offerto dall’Ufficio federale della cultura nel 2021 ed è coadiuvato dall’Accademia Dimitri. La tavola rotonda ha seguito due linee di indagine. Da un lato, si è a posto l’accento sulla transnazionalità della danza, evidenziando la ricchezza di approcci al movimento e al corpo presenti in un territorio così ristretto. Il Ticino è una terra di passaggio, un ponte tra la Svizzera interna e il bacino del Nord Italia. L’assenza di una formazione professionale in danza porta le persone che aspirano a una carriera in questo campo a recarsi in Svizzera interna o all’estero. Le competenze e l’esperienza vengono poi portate in Ticino quando l’artista decide di tornare. L’altro filone di discussione era orientato a rievocare il clima di sperimentazione e ribellione caratteristico degli anni ’80 e ’90: l’eterogeneità del training dei pochi danzatori sul territorio, il rapporto con i gruppi teatrali indipendenti e la costituzione di un’associazione professionale a difesa degli interessi di categoria (TASI).

Da un lato, si è a posto l’accento sulla transnazionalità della danza, evidenziando la ricchezza di approcci al movimento e al corpo presenti in un territorio così ristretto. Il Ticino è una terra di passaggio, un ponte tra la Svizzera interna e il bacino del Nord Italia.

Claudio Schott, spinto dal suo precoce desiderio di diventare un danzatore, si trasferisce dalla conservativa Lugano a Londra dove si forma in tecnica Graham e Cunningham al programma serale della London Contemporary Dance School (LCDS). In Gran Bretagna lavora come danzatore, coreografo e pedagogo con ingaggi con la compagnia Images Dance Theatre e l’English National Opera. In seguito ad una svolta nella politica di immigrazione, ritorna a Lugano e tra il 1981 e il 1996 fonda e dirige la prima scuola e compagnia di danza contemporanea in Ticino. Narratore di storie, i suoi lavori sono chiaramente ispirati alle tecniche di movimento che ha studiato. L’innovazione avviene a livello tematico, con l’omosessualità e le relazioni di coppia in primo piano rispetto al movimento astratto. È stato segretario del TASI e tra i promotori nel 1996 del primo Festival di danza in Ticino, TI-danza.

Narratore di storie, i suoi lavori sono chiaramente ispirati alle tecniche di movimento che ha studiato. L’innovazione avviene a livello tematico, con l’omosessualità e le relazioni di coppia in primo piano rispetto al movimento astratto.

Margit Huber si è formata a Herisau alla scuola di Sigurd Leeder, esponente della Ausdruckstanz, e danza con Choreo 77 prima di trasferirsi in Ticino nel 1982. Dopo alcuni anni apre la sua scuola e fonda la sua compagnia nel 2000. Lavora come danzatrice e coreografa con e per il Gruppo Teatro Danza prima di tornare alla ricerca come solista. La sua produzione si concentra sul trascendentale e sulla natura, con influssi dell’I-Ching e dei quattro elementi cosmici. Questa sensibilità verso un quadro più ampio della realtà, la porta a studiare Butoh, tecnica di movimento postmoderna giapponese legata all‘Ausdruckstanz. Impegnata politicamente per il riconoscimento e la difesa del teatro libero nella Svizzera italiana, è stata uno dei primi membri attivi della TASI, insieme a Schott.

La sua produzione si concentra sul trascendentale e sulla natura, con influssi dell’I-Ching e dei quattro elementi cosmici. Questa sensibilità verso un quadro più ampio della realtà, la porta a studiare Butoh, tecnica di movimento postmoderna giapponese legata all‘Ausdruckstanz.

Nunzia Tirelli si è unita a Claudio Schott e al Progetto Danza come danzatrice e coreografa dopo aver studiato diverse tecniche di danza moderna e contemporanea in Italia. Il suo interesse per le potenzialità espressive del corpo in moto sulla scena l’ha portata a muoversi tra teatro e danza, collaborando per lungo tempo con Cristina Castrillo e il Teatro delle Radici. Nel corso degli anni, guidata dalla sua insaziabile curiosità per il movimento, ha conseguito diverse formazioni come analista del movimento, Bartenieff e di studi cronologici, percorsi tutti incentrati sulle idee sul movimento di Rudolf von Laban. Tra il 2012 e il 2021 dirige il Laban Event che riporta con conferenze e ricostruzioni di opere di von Laban l’Ausdrucktanz al Monte Verità. È tuttora attiva come danzatrice, coreografa e pedagoga e fa parte della giuria federale per le arti performative.

Claudio Prati e Ariella Vidach si incontrano durante una lezione di Contact improvisation a New York, dove si erano trasferiti per approfondire i loro rispettivi percorsi nelle arti visive e performative, e nella danza. L’interesse di Vidach per l’improvvisazione e le tecniche di danza postmoderna si incontra con la videoarte di Prati. Nel 1988 tornano in Ticino e creano la loro compagnia Avventure in Elicottero Prodotti (AiEP) in cui la danza e le nuove tecnologie interagiscono dal vivo sul palcoscenico, un approccio rivoluzionario e visionario per l’epoca. Attivi tra il Ticino e Milano, hanno ricevuto il premio per la danza dell’ufficio Federale della Cultura nel 2017 per i loro lavori futuristici, in cui il corpo e i media digitali interagiscono alla pari sul palco.

L’incontro si è chiuso con un appello lanciato dal publico in sala alla nuova generazione ad essere incisiva nelle sue azioni artistiche e politiche.

A contribuire alla retrospettiva è stata anche la presenza in platea di numeros* protagonist* della comunità artistica dell’epoca, per citarne alcuni, Camilla Lombardo, danzatrice che ha lavorato per Claudio Schott, pedagoghi della danza (Manuela Rigo e Mi Jung Manfrini), autori del teatro indipendente (Cristina Castrillo), costumist*, ex alliev* di danza e giornalist*. L’incontro si è chiuso con un appello lanciato dal publico in sala alla nuova generazione ad essere incisiva nelle sue azioni artistiche e politiche.

D | I Runder Tisch zu den Anfängen des modernen und zeitgenössischen Tanzes im Tessin   

Der Internationale Tag des Tanzes, der 1982 vom Tanzkomitee des Internationalen Theaterinstituts (ITI) ins Leben gerufen wurde und auf den 29.04., den Geburtstag des Tänzers und Choreographen Jean-Georges Noverre (1727-1810), fällt, feiert alle Ausdrucksformen und Ausprägungen dieser Kunstform. In ihrer traditionellen jährlichen Botschaft, die in diesem Jahr Yang Liping anvertraut wurde, richtet die chinesische Volkstänzerin und Choreografin ihr Augenmerk auf die Kontinuität zwischen der Tradition und den heutigen Autor*innen.

Text von Katja Vaghi

Die Tessiner Vorpremière der Festa Danzante am 29. April, die seit mehreren Jahren am Internationalen Tag des Tanzes stattfindet, konzentrierte sich ebenfalls auf die Linien der mündlichen Kontinuität im Tanz und ihre Zerbrechlichkeit. Die vom RESO koordinierte Veranstaltung lädt die Schweiz zum Tanzen ein. Im prächtigen und luftigen Kreuzgang des ehemaligen Asilo Ciani in Lugano sollte die Erinnerung an den Tanz wachgerufen werden und wieder zum Leben erweckt werden. Der Tanz verflüchtigt sich in dem Moment, in dem die Geste auf die Bühne gebracht wird. Die einzige Möglichkeit, ihn nicht verschwinden zu lassen, besteht darin, die Geste zu verkörpern, wie es der Workshop am Nachmittag und die abendliche Aufführung „Save the Last Dance“ der Compagnie Alessandro Sciaroni vorschlugen, die dem Publikum die Bogenpolka näherbrachte, einen typischen, sehr körperlichen und fast vergessenen Balztanz, der bis zum Ersten Weltkrieg ausschließlich von Männern unter den Arkaden von Bologna aufgeführt wurde. Der runde Tisch über die Entwicklung des Tanzes in der italienischen Schweiz war hingegen der Erinnerung an den Tessiner Tanz gewidmet, an dem die meisten der zwischen den 1980er und 1990er Jahren aktiven Autor*innen teilnahmen.

Der Tanz verflüchtigt sich in dem Moment, in dem die Geste auf die Bühne gebracht wird.

Viele kennen die Gemeinschaft von Idealisten, die sich auf der Suche nach einer besseren Gesellschaft zu Beginn des 20. Jahrhunderts auf dem Monte Verità niedergelassen haben. Weniger bekannt ist jedoch seine Bedeutung für die Entwicklung des modernen europäischen Tanzes, des Ausdruckstanzes. In den Sommern zwischen 1913 und 1919, mitten im Ersten Weltkrieg, experimentierte Rudolf von Laban mit einer Gruppe von Tänzern mit einer neuen Art, sich zu bewegen und den Körper zu begreifen. Die Bewegungsforschung wurde dann von Schülerinnen wie Mary Wigman in Dresden, Susanne Perrottet in Zürich und Katja Wullf in Basel weiter entwickelt. Die beiden letztgenannten Persönlichkeiten, die auch mit der Dada-Bewegung des Cabaret Voltaire in Verbindung gebracht werden, sind nicht nur für den Schweizer Tanz und die Schweizer Kultur von grundlegender Bedeutung, sondern auch für eine umfassendere Sicht auf die Funktion des Tanzes in der Gesellschaft, wie die Tatsache beweist, dass Max Bircher-Benner und Carl G. Jung Patienten in Perrottets Tanzstunden schicken. Was geschieht im Tessin, wenn diese einflussreichen Tanzpersönlichkeiten in die Innerschweiz und nach Deutschland abwandern? Der runde Tisch „Wir waren dabei“ versuchte, die Wurzeln des zeitgenössischen Tanzes im Tessin zu beleuchten, um die Gegenwart zu verstehen und die Zukunft des Tanzes in der italienischen Schweiz zu betrachten. Claudio Schott, Margit Huber, Nunzia Tirelli, Claudio Prati und Ariella Vidach (AiEP) gaben Einblicke in ihr kreatives Schaffen und ihre Vorstellung von Bewegung.

Die beiden letztgenannten Persönlichkeiten, die auch mit der Dada-Bewegung des Cabaret Voltaire in Verbindung gebracht werden, sind nicht nur für den Schweizer Tanz und die Schweizer Kultur von grundlegender Bedeutung, sondern auch für eine umfassendere Sicht auf die Funktion des Tanzes in der Gesellschaft, wie die Tatsache beweist, dass Max Bircher-Benner und Carl G. Jung Patienten in Perrottets Tanzstunden schicken.

Ausgangspunkt der von der Tänzerin, Choreografin und Tanzforscherin Katja Vaghi initiierten Gesprächsrunde war eine Studie über den Tänzer und Choreografen Claudio Schott, der die erste zeitgenössische Tanzkompanie im Tessin, die Gruppe Teatro Danza (1983-1988), gründete. Die Gruppe, die später in Progetto Danza Hortus Saltationis (1988-1996) umbenannt wurde, brachte in jenen Jahren zahlreiche Tanzschaffende aus der Region zusammen und machte die Tessiner Öffentlichkeit auf den Tanz aufmerksam. Das Forschungsprojekt wurde vom Bundesamt für Kultur im Jahr 2021 für das Erbe der darstellenden Künste in der Schweiz gefördert und wird von der Accademia Dimitri unterstützt. Der Runde Tisch verfolgte zwei Fragestellungen. Einerseits wurde der Schwerpunkt auf die Transnationalität des Tanzes gelegt, indem der Reichtum an Bewegungs- und Körperansätzen auf einem so begrenzten Gebiet hervorgehoben wurde. Das Tessin ist ein Land des Übergangs, eine Brücke zwischen der Innerschweiz und dem norditalienischen Becken. Das Fehlen einer professionellen Tanzausbildung veranlasst Menschen, die eine Karriere in diesem Bereich anstreben, in die Innerschweiz oder ins Ausland zu reisen. Die erworbenen Fähigkeiten und Erfahrungen werden dann ins Tessin zurückgebracht, wenn die Künstlerin oder der Künstler beschließt, zurückzukehren. Der andere Diskussionsstrang zielte darauf ab, das für die 1980er und 1990er Jahre charakteristische Klima des Experimentierens und der Rebellion in Erinnerung zu rufen: die Heterogenität der Ausbildung der wenigen Tänzerinnen und Tänzer in der Region, die Beziehung zu den freien Theatergruppen und die Gründung eines Berufsverbands zur Verteidigung der Interessen des Berufs (TASI).

Einerseits wurde der Schwerpunkt auf die Transnationalität des Tanzes gelegt, indem der Reichtum an Bewegungs- und Körperansätzen auf einem so begrenzten Gebiet hervorgehoben wurde. Das Tessin ist ein Land des Übergangs, eine Brücke zwischen der Innerschweiz und dem norditalienischen Becken.

Claudio Schott zog, getrieben von seinem frühzeitigen Wunsch, Tänzer zu werden, vom konservativen Lugano nach London, wo er am Abendprogramm der London Contemporary Dance School (LCDS) in den Techniken von Graham und Cunningham ausgebildet wurde. In Großbritannien arbeitete er als Tänzer, Choreograph und Pädagoge mit Engagements bei der Images Dance Theatre Company und der English National Opera. Nach einer Änderung der Einwanderungspolitik kehrte er nach Lugano zurück und gründete und leitete zwischen 1981 und 1996 die erste zeitgenössische Tanzschule und Kompanie im Tessin. Als Geschichtenerzähler sind seine Werke eindeutig von den Bewegungstechniken inspiriert, die er studiert hat. Die Innovation findet auf thematischer Ebene statt, wobei Homosexualität und Paarbeziehungen im Gegensatz zu abstrakten Bewegungen im Vordergrund stehen. Er war Sekretär der TASI und einer der Initiatoren des ersten Tanzfestivals im Tessin, TI-danza, im Jahr 1996.

Als Geschichtenerzähler sind seine Werke eindeutig von den Bewegungstechniken inspiriert, die er studiert hat. Die Innovation findet auf thematischer Ebene statt, wobei Homosexualität und Paarbeziehungen im Gegensatz zu abstrakten Bewegungen im Vordergrund stehen.

Margit Huber wurde in Herisau in der Schule von Sigurd Leeder, einem Vertreter des Ausdruckstanzes, ausgebildet und tanzte in der Gruppe Choreo 77, bevor sie 1982 ins Tessin zog. Nach einigen Jahren eröffnete sie ihre eigene Schule und gründete im Jahr 2000 ihre eigene Kompanie. Sie arbeitete als Tänzerin und Choreografin mit und für die Gruppo Teatro Danza, bevor sie als Solistin in die Forschung zurückkehrte. Ihre Produktionen konzentrierten sich auf das Transzendente und die Natur, mit Einflüssen aus dem I-Ching und den vier kosmischen Elementen. Diese Sensibilität für ein umfassenderes Bild der Realität veranlasste sie, Butoh zu studieren, eine postmoderne japanische Bewegungstechnik, die mit dem Ausdruckstanz verbunden ist. Politisch engagiert für die Anerkennung und Verteidigung des freien Theaters in der italienischen Schweiz, war sie zusammen mit Schott eines der ersten aktiven Mitglieder der TASI.

Ihre Produktionen konzentrierten sich auf das Transzendente und die Natur, mit Einflüssen aus dem I-Ching und den vier kosmischen Elementen. Diese Sensibilität für ein umfassenderes Bild der Realität veranlasste sie, Butoh zu studieren, eine postmoderne japanische Bewegungstechnik, die mit dem Ausdruckstanz verbunden ist.

Nunzia Tirelli kam als Tänzerin und Choreografin zu Claudio Schott und Progetto Danza, nachdem sie in Italien verschiedene moderne und zeitgenössische Tanztechniken studiert hatte. Ihr Interesse an den Ausdrucksmöglichkeiten des Körpers in Bewegung auf der Bühne führte sie dazu, zwischen Theater und Tanz zu wechseln und lange Zeit mit Cristina Castrillo und dem Teatro delle Radici zusammenzuarbeiten. Im Laufe der Jahre hat sie, geleitet von ihrer unstillbaren Neugierde für Bewegung, verschiedene Ausbildungen als Bewegungsanalytikerin, Bartenieff und chronologische Studien absolviert, die sich alle auf die Bewegungsideen von Rudolf von Laban konzentrieren. Zwischen 2012 und 2021 leitete sie das Laban Event, das den Ausdruckstanz mit Vorträgen und Rekonstruktionen der Werke von Labans auf den Monte Verità zurückbrachte. Sie ist weiterhin als Tänzerin, Choreografin und Pädagogin tätig und Mitglied der Bundesjury für darstellende Künste.

Claudio Prati und Ariella Vidach lernten sich während eines Kontaktimprovisationskurses in New York kennen, wohin sie gezogen waren, um ihren jeweiligen Weg in der bildenden und darstellenden Kunst sowie im Tanz weiterzugehen. Vidachs Interesse an Improvisation und postmodernen Tanztechniken traf auf Pratis Videokunst. 1988 kehrten sie ins Tessin zurück und gründeten ihre Kompanie Avventure in Elicottero Prodotti (AiEP), in der Tanz und neue Technologien live auf der Bühne interagieren – ein für die damalige Zeit revolutionärer und visionärer Ansatz. Sie sind zwischen dem Tessin und Mailand tätig und erhielten 2017 den Tanzpreis des Bundesamts für Kultur für ihre futuristischen Arbeiten, in denen der Körper und die digitalen Medien auf der Bühne gleichberechtigt interagieren.

Das Treffen schloss mit einem Appell des Publikums an die neue Generation, in ihrem künstlerischen und politischen Handeln prägnant zu sein.

Zur Retrospektive trug auch die Anwesenheit zahlreicher Protagonist*innen der damaligen Kunstszene bei, darunter die Tänzerin Camilla Lombardo, die für Claudio Schott arbeitete, Tanzpädagog*innen (Manuela Rigo und Mi Jung Manfrini), Autor*innen des freien Theaters (Cristina Castrillo), Kostümbildner*innen, ehemalige Tanzstudent*innen und Journalist*innen. Das Treffen schloss mit einem Appell des Publikums an die neue Generation, in ihrem künstlerischen und politischen Handeln prägnant zu sein.

Das Locarno Film Festival geht in die 76. Runde

Das Locarno Film Festival findet vom 2. bis 12. August statt und ist das wichtigste Filmfestival der Schweiz und gehört zu den renommiertes­ten in Europa. Eine Vielzahl von Filmen werden an den vier Wettbe­werben präsentiert: Concorso Internazionale, Cineasti del Presente, Pardi di Domani und First Feature.

Es finden allabendliche Filmvorführungen auf der Piazza Granze statt, wo Regisseur*innen und Schauspieler*innen anwesend sind, die nach Locarno kommen, um ihre Arthouse- und Independetfilme zu zeigen, die internationale Relevanz aufweisen. neben Filmen gibt es auch Veranstaltungen, Workshops für angehende Filmschaffende und die Auszeichnung des Pardo d’onore, ein Preis für erstklassige Filmemacher*innen, die dieses Jahr an Harmony Korine überreicht wird.

Zum Programm gehts hier.


Exklusiv für SzeneSchweiz-Mitglieder – Akkreditierung und Netzwerkapéro

Wie jedes Jahr können Mitglieder von SzeneSchweiz eine Akkreditierung beantragen, und zwar die «Professional» Akkreditierung für CHF 80.

Am Samstag, 5. August findet wieder das beliebte Netzwerk- und Branchenapéro statt, das zusammen mit dem Verband SSFV veranstalten wird: Ab 17 Uhr in der Bar Festival.

I | D Malcantone in Ticino: Teatro Lo Sgambetto

Perle d’arte performativa in Ticino: Teatro Lo Sgambetto, Croglio TI

Intervista a Melanie Häner, presidente e direttrice artistica

Blue Sky ha incontrato, per Ensemble, gli artisti del Malcantone associati a Scena Svizzera: Opera retablO di Ledwina Costantini, Salone Piazza Grande di Sandro Shneebeli, Teatro Agorà di Marzio Paioni e Olimpia De Girolamo, Teatro Lo Sgambetto per la direzione di Melanie Häner.

Lo Sgambetto, nasce il 5 ottobre 2013 e vuole essere un vero e proprio ponte che connette attraverso incontri, sperimentazioni, creazioni e scambio di pratiche performative e pedagogiche.

Immagini di Roger Salem

Blue Sky: Cosa significa avere uno spazio artistico oggi, nutrirlo e farlo vivere?

Melanie Häner: Tutto è cominciato dall’esigenza personale di avere un luogo dove sentirmi libera ed esprimermi senza interferenze. Una volta trovato, ne ho parlato con Ruben Moroni, caro amico, attore, regista e scrittore teatrale che subito si è innamorato dello spazio, così come mia madre anche lei artista, pittrice e attrice. All’inizio lo usavamo per fare le prove ed era talmente bello e con un’energia così forte che il desiderio di condividerlo con altri è nato spontaneo: è iniziato quasi per caso e ci ha coinvolti tutti. Abbiamo iniziato a creare delle rassegne in cui presentare le nostre creazioni e dei lavori artistici che necessitavano di un ambiente piccolo e avvolgente. Avere questo spazio oggi, dopo nove anni e la pandemia, ha un significato molto importante perché sento che l’espressività umana è schiacciata dal sistema. E’ sempre difficile trovare un luogo dove sentirsi davvero liberi e per questo  continuo ad aver bisogno di un luogo in cui continuare a creare in libertà: Lo Sgambetto è questo. E’ stato un luogo in cui ho sperimentato il coraggio dei primi passi e così, come me, anche gli altri membri dello staff e altri artisti. E’ un luogo dove sperimentare una vita diversa.

Avere questo spazio oggi, dopo nove anni e la pandemia, ha un significato molto importante perché sento che l’espressività umana è schiacciata dal sistema.

Melanie Häner, direttrice artistica di Teatro Lo Sgambetto

In tutti questi anni siamo sempre andati avanti senza il sostegno del Cantone, pur dimostrando di aver fatto già fatto programmazioni di qualità. Spesso siamo rimasti delusi dalle risposte negative e,  anche se dovrebbe essere l’Istituzione a riconoscerne il valore e sostenere chi fa cultura, abbiamo deciso di continuare a lavorare come indipendenti e di tasca nostra. Più volte nella nostra storia abbiamo rischiato di chiudere e, dei privati, per puro amore dell’arte ci hanno salvato: senza di loro, Lo Sgambetto, non esisterebbe più.

Quale è il fulcro a cui tutto ruota intorno del vostro fare cultura?

Credo molto nell’arte vissuta e offerta in un certo modo, è fondamentale nel mondo di ora in cui l’individualismo cresce a dismisura: Lo Sgambetto è un luogo di connessione e d’incontro. Entrare a Lo Sgambetto è come entrare in famiglia. Dentro alle nostre possibilità abbiamo curato meticolosamente l’accoglienza tanto del pubblico quanto dell’artista che, quando arriva da noi, è un Re. Siamo sempre stati molto accorti in questo: per noi significa portare un grande rispetto e riconoscimento del lavoro artistico altrui. E questo si è sempre riflesso sul pubblico. L’arte è curativa, è un balsamo per l’anima e non ci sono tanti luoghi in cui puoi venire accolto nel modo in cui accogliamo i nostri spettatori. E’ proprio un salotto di famiglia e usufruisci dell’arte a un metro di distanza. Puoi interagire con l’artista un minuto dopo finito lo spettacolo, resti con lui, rimani.

Credo molto nell’arte vissuta e offerta in un certo modo, è fondamentale nel mondo di ora in cui l’individualismo cresce a dismisura: Lo Sgambetto è un luogo di connessione e d’incontro.

Non c’è il distanziamento spettacolo-pubblico. E’ un tutt’uno. Infatti è sempre stato un luogo sorprendente da questo punto di vista, con incontri casuali e fantastici. I veri punti di ritrovo sono dopo gli eventi: rimangono quelle persone che hanno voglia di un’energia diversa e… succedono altri spettacoli. Altri artisti si mettono in gioco cantano, suonano, accadono cose… come una porta segreta che apri e non sai cosa ti capiterà. È sempre stato fondamentale creare un ambiente in cui gli artisti non si sentissero in competizione ma, all’opposto, in connessione. La competizione non è fruttuosa né per l’arte né per il mondo in generale.

È sempre stato fondamentale creare un ambiente in cui gli artisti non si sentissero in competizione ma, all’opposto, in connessione. La competizione non è fruttuosa né per l’arte né per il mondo in generale.

Quali sono le attività pedagogiche all’interno de Lo Sgambetto?

Negli anni ci sono stati corsi e laboratori di vario tipo: danza contemporanea, improvvisazione musicale, teatro, canto, yoga, pratiche di ricerca performativa. Con la pandemia c’è stato un arresto delle attività e ad oggi, in vista anche del trasloco che faremo a breve, dovremo rimodulare l’offerta.

La cultura è prioritaria per le persone, per il proprio stato di salute, per stare bene. Lo Sgambetto è un miracolo, un’utopia, una mosca bianca, un fiore nel deserto. E’ una realtà preziosa che non trova nella società di oggi la giusta protezione.

Cosa vedi nel futuro?

Lo Sgambetto si sposterà perché lo stabile in cui si trova è stato venduto e siamo alla ricerca di un altro spazio. Ci saranno sempre Laboratori e Workshop, ma adesso abbiamo l’esigenza di utilizzare la nuova sede come luogo creativo. E’ il momento di costruire e utilizzare Lo Sgambetto per presentare i nostri lavori e aprirci ogni tanto al pubblico, anche per ospitalità altre. Per le rassegne, invece, dovremo valutare le nuove condizioni di lavoro e dello spazio. La cultura è prioritaria per le persone, per il proprio stato di salute, per stare bene. Lo Sgambetto è un miracolo, un’utopia, una mosca bianca, un fiore nel deserto. E’ una realtà preziosa che non trova nella società di oggi la giusta protezione. Noi siamo volontari e artisti e Lo Sgambetto è un’oasi in cui puoi essere pienamente te stesso: vogliamo continuare a nutrire questo spazio di libertà nel dialogo, nell’accettazione, nella curiosità e nell’incontro. Apri la porta: il mondo dell’invisibile ti aspetta a Lo Sgambetto.

NEWS 2023

L’associazione Lo Sgambetto produce il musical Acqua sul tema dell’immigrazione, che debutterà al Teatro Dimitri di Verscio il 30 settembre 2023! Il trailer è visibile qui, mentre il progetto è presente anche su Instagram e Facebook.

Biografia

Melanie Häner è presidente, direttore artistico, fondatrice dell’associazione e principale finanziatrice fin dall’inizio. Cantante, autrice di canzoni, attrice e ballerina, diplomata in storia e critica del teatro, arteterapeuta di formazione. Ha lavorato per diversi anni in Germania nel mondo del musical prima di tornare in Ticino, dove è nata e cresciuta, per insegnare e avviare un proprio teatro. Negli ultimi anni ha collaborato anche con la compagnia Finzi Pasca.

Gli altri membri dello staff sono: Ruben Moroni, Antonella Gabrielli, Giordano Marcionetti, Max Pizio, Michele Ferrari,  Michela Zanetti, Giovanni Panzera, Elena Masera.

E-mail:

haener.melanie@gmail.com

losgambetto@gmail.com


Perlen der Performancekunst im Tessin: Das Theater Lo Sgambetto, Croglio TI

Interview mit Melanie Häner, Präsidentin und künstlerische Leiterin

Blue Sky traf für das Ensemble Magazin die Künstler des Malcantone, die Mitglieder von ScenaSvizzera  sind: Opera retablO von Ledwina Costantini, Salone Piazza Grande von Sandro Schneebeli, Teatro Agorà von Marzio Paioni und Olimpia De Girolamo und Teatro Lo Sgambetto unter der Leitung von Melanie Häner.

Lo Sgambetto wurde am 5. Oktober 2013 gegründet und will eine echte Brücke sein, die verbindet  durch Begegnungen, Experimentieren, Kreieren und durch den Austausch von performativen und pädagogischen Praktiken.

Bilder von Roger Salem

Bluew Sky: Was bedeutet es heute, einen Raum für Kunst zu haben, ihn zu pflegen und mit Leben zu füllen?

Melanie Häner: Am Anfang stand das persönliche Bedürfnis, einen Ort zu haben, an dem ich mich frei fühlen und mich ungestört ausdrücken kann. Als ich ihn gefunden hatte, sprach ich mit Ruben Moroni darüber, einem guten Freund, Schauspieler, Regisseur und Theaterautor, der sich sofort in den Raum verliebte, ebenso wie meine Mutter, die ebenfalls Künstlerin, Malerin und Schauspielerin ist. Am Anfang nutzten wir ihn für Proben, und er war so schön und hatte eine so starke Energie, dass der Wunsch, ihn mit anderen zu teilen, spontan entstand: Es begann fast zufällig und brachte uns alle ins Spiel. Wir begannen, Festivals zu veranstalten, auf denen wir unsere Kreationen und künstlerischen Arbeiten präsentieren konnten, die einen kleinen und gemütlichen Rahmen brauchten. Nach neun Jahren und nach der Pandemie heute diesen Raum  zu haben, hat eine sehr wichtige Bedeutung, weil ich das Gefühl habe, dass die menschliche Ausdruckskraft durch das System unterdrückt wird. Es ist immer schwierig, einen Ort zu finden, an dem man sich wirklich frei fühlen kann, und deshalb brauche ich nach wie vor einen Ort, an dem ich weiterhin in Freiheit schaffen kann: Lo Sgambetto war ein Ort, an dem ich die ersten mutigen Schritte erfahren habe, ebenso wie die anderen Mitarbeiter und Künstler*innen. Es ist ein Ort, an dem man ein anderes Leben erfahren kann.

Nach neun Jahren und nach der Pandemie heute diesen Raum  zu haben, hat eine sehr wichtige Bedeutung, weil ich das Gefühl habe, dass die menschliche Ausdruckskraft durch das System unterdrückt wird.

Melanie Häner, Leiterin Teatro Lo Sgambetto

In all diesen Jahren haben wir immer ohne Unterstützung des Kantons weitergemacht, obwohl wir gezeigt haben, dass wir ein qualitativ hochwertiges Programm gemacht haben. Die negativen Reaktionen haben uns oft enttäuscht, und obwohl es die Institutionen sein sollten, die den Wert der Kultur anerkennen und die Kulturschaffenden unterstützen, haben wir beschlossen, als Unabhängige und aus eigener Tasche weiterzuarbeiten. Mehrmals in unserer Geschichte haben wir die Schließung riskiert, und aus reiner Liebe zur Kunst haben uns Privatpersonen gerettet: ohne sie gäbe es Lo Sgambetto nicht mehr.

Was ist der Schwerpunkt, um den sich bei eurem Kulturschaffen alles dreht?

Ich bin ein großer Anhänger von Kunst, die auf eine bestimmte Art und Weise gelebt und angeboten wird, sie ist grundlegend in der heutigen Welt, in der der Individualismus überhand nimmt: Lo Sgambetto ist ein Ort der Verbindung und der Begegnung. Wenn man Lo Sgambetto betritt, ist es wie das Eintreten in eine Familie. Wir haben sorgfältig darauf geachtet, sowohl das Publikum als auch den Künstler wie einen König zu empfangen wenn sie zu uns kommen. Wir waren dabei immer sehr vorsichtig: für uns bedeutet es großen Respekt und Anerkennung für die künstlerische Arbeit anderer. Und das hat sich auch immer im Publikum widerspiegelt. Kunst ist heilsam, sie ist Balsam für die Seele, und es gibt nicht viele Orte, an denen man so willkommen geheißen wird, wie wir unser Publikum willkommen heißen. Es ist wirklich ein Familienwohnzimmer, und man genießt die Kunst von sehr nahe. Man kann noch eine Minute nach Ende der Vorstellung mit den Künstler*innen interagieren, man ist bei ihnen, man bleibt. Es gibt keine Distanz zwischen Vorstellung und Publikum. Es ist alles eins.

Ich bin ein großer Anhänger von Kunst, die auf eine bestimmte Art und Weise gelebt und angeboten wird, sie ist grundlegend in der heutigen Welt, in der der Individualismus überhand nimmt: Lo Sgambetto ist ein Ort der Verbindung und der Begegnung.

In der Tat, war es in dieser Hinsicht immer ein erstaunlicher Ort, mit zwanglosen und fantastischen Begegnungen. Die wirklichen Treffpunkte finden nach den Veranstaltungen statt: es bleiben die Leute, die Lust haben,  eine andere Energie zu spüren und… weitere Vorstellungen finden statt. Andere Künstler*innen treten auf, singen, spielen, Dinge passieren… es ist wie eine geheime Tür, die man öffnet und man nicht weiß, was mit einem passiert. Es war schon immer wichtig, ein Umfeld zu schaffen, in dem sich Künstler*innen nicht als Konkurrenten, sondern im Gegenteil als Verbündete fühlen. Wettbewerb ist weder für die Kunst noch für die Welt im Allgemeinen fruchtbar.

Es war schon immer wichtig, ein Umfeld zu schaffen, in dem sich Künstler*innen nicht als Konkurrenten, sondern im Gegenteil als Verbündete fühlen. Wettbewerb ist weder für die Kunst noch für die Welt im Allgemeinen fruchtbar.

Was sind die pädagogischen Aktivitäten im Lo Sgambetto?

Im Laufe der Jahre gab es Kurse und Workshops verschiedener Art: Zeitgenössischer Tanz, musikalische Improvisation, Theater, Gesang, Yoga, Praktiken der Recherche in Performance. Mit der Pandemie kamen die Aktivitäten zum Erliegen, und heute müssen wir, auch angesichts des bevorstehenden Umzugs, das Angebot neu gestalten.

Kultur ist eine Priorität für die Menschen, für ihre Gesundheit, für ihr Wohlbefinden. Sgambetto ist ein Wunder, eine Utopie, eine weiße Fliege, eine Blume in der Wüste. Es ist eine wertvolle Realität, die in der heutigen Gesellschaft nicht den richtigen Schutz findet.

Was siehst  du für die Zukunft?

Lo Sgambetto wird umziehen, das Gebäude, in dem es sich befindet, wird verkauft wurde und wir suchen nach einem anderen Raum. Es wird immer Kurse und Workshops geben, aber jetzt müssen wir den neuen Standort als kreativen Ort nutzen. Es ist an der Zeit, Lo Sgambetto aufzubauen und zu nutzen, um unsere Arbeit zu präsentieren und uns von Zeit zu Zeit für die Öffentlichkeit zu öffnen und auch für die Aufnahme anderer. Für die Vorstellungen hingegen werden wir die neuen Arbeits- und Raumbedingungen evaluieren müssen. Kultur ist eine Priorität für die Menschen, für ihre Gesundheit, für ihr Wohlbefinden. Sgambetto ist ein Wunder, eine Utopie, eine weiße Fliege, eine Blume in der Wüste. Es ist eine wertvolle Realität, die in der heutigen Gesellschaft nicht den richtigen Schutz findet. Wir sind Freiwillige und Künstler und Lo Sgambetto ist eine Oase, in der man ganz sich selbst sein kann: wir wollen diesen Raum der Freiheit im Dialog, der Akzeptanz, der Neugier und der Begegnung weiter pflegen. Öffne die Tür: die Welt des Unsichtbaren erwartet dich im Lo Sgambetto.

NEWS 2023!

Der Verein Lo Sgambetto produziert das Musical Acqua zum Thema Einwanderung, das am 30. September 2023 im Theater Dimitri in Verscio uraufgeführt wird! Den Trailer gibt es hier zu sehen, das Projekt ist auch auf Instagram und Facebook zu finden.

Biografie von Melanie Häner:

Melanie Häner ist Präsidentin, künstlerische Leiterin, Gründerin des Vereins und Hauptfinanzierin der ersten Stunde. Sängerin, Songwriterin, Schauspielerin und Tänzerin, Besitzerin eines Diploms in Theatergeschichte und -kritik, ausgebildete Kunst- und Musiktherapeutin. Sie hat mehrere Jahre in Deutschland in der Welt des Musicals gearbeitet, bevor sie ins Tessin, wo sie geboren und aufgewachsen ist, zurückkehrte, um zu unterrichten und ihr eigenes Theater zu gründen. In den vergangenen Jahren hat sie auch mit der Compagnie Finzi Pasca zusammengearbeitet.

Weitere Mitarbeitende sind: Ruben Moroni, Antonella Gabrielli, Giordano Marcionetti, Max Pizio, Michele Ferrari, Michela Zanetti, Giovanni Panzera, Elena Masera.

E-Mail:

haener.melanie@gmail.com

losgambetto@gmail.com

Neues im Juli: Über 6000 Unterschriften übergeben!

SzeneSchweiz Berufsverband Darstellende Künste hat die Petition „Rettet STOK & KELLER62“ auf ACT, der Petitionsplattform von Campax, gestartet. Campax ist eine Bewegung, bei der sich über 250’000 Engagierte für soziale, wirtschaftliche & ökologische Fairness einsetzen.

Wenn Du ein Anliegen hast, das Dir viel bedeutet und das Du voran bringen möchtest, dann kannst Du deine eigene Kampagne hier starten und für den Newsletter anmelden.

Folgendes Communiqueé wurde den Unterzeichnenden am 3. Juli geschickt:

Liebe Unterstützer*innen!

Euer Einsatz für den Erhalt der beiden Zürcher Kleintheater ist auch heute überwältigend und einmalig. Danke.

Am vergangenen Mittwoch war es so weit und wir haben uns vor dem Rathaus Hard getroffen, um in Anwesenheit der Medien unsere Petition an die Stadtpräsidentin zu übergeben. Frau Mauch ist nun um 6247 Unterschriften reicher. Und wir geben alles, damit sie damit auch das Richtige anstellt. Sie ist per Gesetz verpflichtet, auf die Petition innerhalb von 6 Monaten zu antworten. Warten wir ab.

Ein weiterer Schritt auf dem noch langen Weg zur Rettung von Theater STOK und Keller62 ist getan. Grosser Dank geht an alle, die helfen, an alle, die vor dem Rathaus dabei waren und mitgeholfen haben und an alle, die unterschrieben haben! Ein grosser Dank geht auch an die Medien, die unsere Sache von Anfang an für wichtig halten und sie ausdauernd und sehr gut begleiten.

Die nächsten Schritte sehen wie folgt aus. Der Rekurs-Prozess ist im vollen Gange. Am Ende entscheidet der Bezirksrat und gibt den beiden Rekursen statt oder weist sie ab. Im Falle einer Abweisung steht uns der weitere Rechtsweg offen.

Den politischen Weg gehen wir schon länger und er ist vielversprechend, wenn auch da keine Sicherheit herrscht. Am 12. Juli soll der Gemeinderat über das Geschäft „Tanz und Theater-Konzeptförderung“ beraten und entscheiden.

Ja, und wenn alle Stricke reissen, haben wir noch die Initiative als politisches Instrument, das wir einsetzen können.

Wie es alles kommt, wissen wir nicht. Was wir wollen, wissen umso klarer. Und eine Fortsetzung folgt bestimmt. Wir bleiben dran. Das können wir versprechen. Und wir berichten euch wieder.

Bitte bleibt ihr auch dran, helft mit, das Thema „Rettung STOK und Keller62“ nicht untergehen zu lassen.

Erst die Kleinen machen Zürich gross.

Und stellt euch vor, wir schaffen es – was gibt das für ein Fest!!

Möchtet ihr etwas wissen oder fragen, schreibt uns bitte jederzeit, am besten über die jeweiligen Mailadressen der zwei Theater.

Ganz liebe Grüsse und bis bald!

Lubosch Held, Verein Keller62, künstlerischer Leiter Keller62 

Peter Doppelfeld, Verein Theater STOK; Leiter Theater STOK 


Neuer Podcast «Kunstlicht»

Aktuelle Diskussionen um die Künste und ihren Impact auf gesellschaftliche Themen

Die Zürcher Hochschule der Künste (ZHdK) lanciert einen neuen Podcast: In «Kunstlicht» diskutieren Eva Pauline Bossow und Jörg Scheller gesellschaftsrelevante Themen aus Sicht der Kunstwelt.

Der neue Podcast «Kunstlicht» ist nah dran an aktuell diskutierten Themen: Es geht um  Triggerwarnungen, Debattenkultur oder was genau eigentlich Innovation bedeutet. Aus Perspektive der Kunstwelt werden gesellschaftliche Fragen verhandelt, immer unter der Prämisse, dass Kunst «Zugänge zur Welt vermittelt, die nicht so ohne weiteres formalisierbar, planbar, standardisierbar, domestizierbar sind. Deshalb bildet Kunst ein Risiko.»

Diesem Risiko stellen sich die Hosts des Podcasts mit Eloquenz und Lust an der Debatte. Das Gespann hat einen vielfältigen Hintergrund: Eva Pauline Bossow kennt das Dreieck Kreativwirtschaft, öffentliche Kulturinstitutionen und Privatwirtschaft aus unterschiedlichen Positionen und ist heute als Beirätin und Beraterin aktiv. An der ZHdK war sie im Zurich Centre for Creative Economies (ZCCE) sowie im Digitalrat tätig. Jörg Scheller ist Professor im Departement Fine Arts, unterrichtet Kunstgeschichte und ist leidenschaftlicher Bodybuilder und Heavy-Metal Musiker.

Ergänzt werden ihre Positionen durch spannende Gäste. In der Rubrik «Fernlicht» kommen unter anderem ZHdK-Alumni zu Wort, die nicht in klassischen Kunstberufen tätig sind. Zum Beispiel erzählt Fine-Arts-Alumna Lauren Wildbolz, wie sie das erste vegane Restaurant der Schweiz eröffnet hat.

Jetzt reinhören auf Spotify oder ITunes.

Incontro Svizzero del Teatro con „rivendicazione“ transcantonale

Da mercoledì a domenica scorsa si è svolto a Friburgo l’Incontro Svizzero del Teatro, Ensemble ha incontrato Julie Paucker. È impegnata come direttrice artistica dal 2022 e ha lavorato con la direzione dell’epoca e ha spinto l’evento in avanti dal punto di vista concettuale. Una conversazione sul ruolo urgente del multilinguismo nel teatro e sulle collaborazioni al di là dei confini cantonali.

Julie Paucker è una drammaturga di formazione, ha lavorato in Svizzera e in Germania, al Teatro di Basilea, al Teatro Nazionale Tedesco di Weimar e altri. Con la sua Compagnia transnazionale Kula produce opere multilingue, a  questo focus ora si dedica anche in Svizzera. Dice: „Sia l’estetica sia le procedure, le routine e i processi teatrali sono ora considerati in modo diverso a livello internazionale, e pongono sfide particolari“. La 47enne era molto ben preparata per questo, lei vede la differenza tra i Cantoni come un’opportunità per imparare gli uni dagli altri.

 „Sia l’estetica sia le procedure, le routine e i processi teatrali sono ora considerati in modo diverso a livello internazionale., e pongono sfide particolari.”

Paucker ha lavorato per Migros Kulturprozent durante i suoi studi e quindi sa che la questione del multilinguismo preoccupa gli sponsor da tempo. „Questa domanda non ti lascia andare, sia a livello artistico che strutturale. Un processo di produzione è generalmente più entusiasmante quando si lavora con punti di vista diversi.” Il teatro transnazionale, o addirittura „transcantonale“, interessa la nativa di Zurigo sotto molti aspetti. Affina la propria visione rispetto a ciò che da altri „sistemi teatrali possono essere adottati, adattati e migliorati“.

„Questa domanda non ti lascia andare, sia a livello artistico che strutturale. Un processo di produzione è generalmente più entusiasmante quando si lavora con punti di vista diversi.”

Questo vale anche per la Svizzera, dove diversi sistemi convivono, come i Teatri municipali minori, i Teatri con emittenza nazionale e la Scena indipendente. E poi c’è la Svizzera francese, dove è più diffuso il sistema itinerante con case produttrici e invitanti. Soprattutto nei settori del „mercato teatrale“, delle vendite e della pubblicità, nonché della promozione, possono imparare molto gli uni dagli altri. A causa della differenza linguistica, la Svizzera è modello per l’Europa o addirittura per il mondo – un’enorme opportunità, quindi, per lavorare con la diversità culturale, per comprenderla e sfruttarla. Paucker dice: „Dopo di che, si è adatti anche a livello internazionale, perché sono le stesse questioni che si pongono tra i paesi diversi!“. Quindi è anche la missione principale del Theatertreffen, raccogliere i teatri di tutte le regioni e portarli a un pubblico locale, per poter crescere tra le parti del Paese e di far incontrare i professionisti del teatro. „È sempre un’esperienza che permette di vedere quanto poco ci si conosce, anche se si lavora nello stesso settore e allo stesso livello e allo stesso livello di celebrità. Lì si puo fare la differenza!“,Paucker è convinta.

Quindi è anche la missione principale del Theatertreffen, quella di riunire i teatri di tutte le regioni, e portarli ad un pubblico locale, per poter crescere tra le parti del Paese e di far incontrare  i professionisti del teatro.

„Con il titolo del programma quadro „Stravolgimento, Partenza“, vorrei dare un esempio. In particolare, cresce la consapevolezza che sia possibile connettersi, riflettere insieme sulla cultura e lasciarsi ispirare“. Un altro esempio di rafforzamento è l’idea nuova e cooperativa di quest’anno del „Salon d’artistes“, una tradizione della Svizzera romanda, dove gli spettacoli vengono presentati agli organizzatori. Questo genera un mercato e l’interesse viene suscitato prima ancora che il pezzo venga prodotto. Inoltre, questo dà origine a coproduzioni e inviti dopo la presentazione degli spettacoli.

Essendo l’evento più orientato al mercato, Sélection ha il potenziale per portare gli artisti in tournée. „Si produce molto e si mostra troppo poco, anche se sarebbe meritato!“.

La Paucker decide da sola quali sono gli artisti a cui vuole dare una piattaforma, riceve in anticipo il supporto degli scout delle varie regioni. Cinque posti saranno assegnati nella Sélection, mentre la lista ristretta sarà utilizzata per dare agli artisti  una maggiore visibilità. Esiste il potenziale di essere invitati „oltre il confine linguistico“, la Sélection  è l’evento più orientato al mercato, e ha il potenziale di portare gli artisti in tournée. Paucker afferma: „Si produce molto e si mostra troppo poco, anche se sarebbe meritato!“. L’aspetto principale è quello di colmare il divario tra  festival, un pubblico locale e un pubblico nazionale. „Tra loro ci sono visioni e ricezioni molto diverse delle opere teatrali – cosmo ed estetica del teatro sono talvolta interpretati in modo diverso e non sempre incontrano il favore di tutte le parti del Paese. Bisogna quindi trovare opere che invoglino a confrontarsi con i teatri degli altri Cantoni. Devono essere solidi, rispondere a uno standard estetico ed essere rappresentati con cuore! „Per questo motivo, ci si è tolti anche dal Consiglio di fondazione e dalla giuria, Paucker dà alla selezione il suo profilo: „Cerco i pezzi adatti nel mix“, dice e sorride.

„Tra loro ci sono visioni e ricezioni molto diverse delle opere teatrali – cosmo ed estetica del teatro sono talvolta interpretati in modo diverso e non sempre incontrano il favore di tutte le parti del Paese. Bisogna quindi trovare opere che invoglino a confrontarsi con i teatri degli altri cantoni.”

La Sélection in sintesi

Tra questi, „Edipo Tiranno“…

ha convinto, è un gioco di potere di due donne diretto da Nicolas Stemann. „Non ho mai visto le donne recitare in questo modo: la tragedia viene rappresentata con un grande gesto teatrale nello stile di una casa teatrale cittadina. I ruoli sono interpretati con un alto livello di tecnica recitativa, interpretato con estrema sicurezza di sé, il che è convincente e commovente allo stesso tempo“. Con l’inaugurazione Paucker vuole dare un segno per  le ottime performance attoriali e registiche.

„EWS”…

è una produzione svizzero-tedesca del Theater Neumarkt, come dice il titolo „L’unico thriller politico della Svizzera“, che finora ha sempre registrato il tutto esaurito. „Questa produzione riunisce molte cose che personalmente mi piacciono. È, per così dire, una revue, coreografia musicale e nello stile „Marthaler“ – eccentrico e stravagante con una base documentario-poetico. Per il Theatertreffen lo spettacolo è una cosa eccezionale – la Svizzera tratta un caso politico, che si adatta bene a molti livelli! Allo stesso tempo, l’opera teatrale EWS è un bambino del nostro tempo!“. Gran parte delle attrici sono amatori. „Esperti e  testimoni della vita quotidiana sono diventati popolari come pratica! Inoltre, con l’esibizione di Lara Stoll, una ottima poeta slam, viene completato il tutto.

„Questa produzione riunisce molte cose che personalmente mi piacciono. È, per così dire, una revue, coreografia musicale e nello stile „Marthaler“ – eccentrico e stravagante con una base documentario -poetico. Per il Theatertreffen lo spettacolo è come uno sputo – la Svizzera tratta un caso politico, che si adatta bene a molti livelli! Allo stesso tempo, l’opera teatrale EWS è un bambino del nostro tempo!“.

„Il gioco dei Nibelunghi“…

si svolge nelle aule scolastiche, dice Paucker: „ma il gioco non è per i bambini – questo è già la battuta“. Laura Gambarini impartisce una lezione di tedesco davanti a un pubblico prevalentemente francofono „una grande commedia in poche parole – non c’è bisogno di giustificarlo ulteriormente, si tratta del Röstigraben e della scarsa competenza linguistica dei Romands“.

„Le relazioni pericolose“…

la versione italiana del romanzo epistolare francese „Les liaisons dangereuses“, la direzione artistica è stata assunta dal direttore del teatro LAC, Carmelo Rifici. Paucker spiega: „Ha lavorato con diversi testi per sperimentare tramite i personaggi principali il dibattito filosofico  sui temi del potere, dell’amore, della lotta e della guerra – materiale ideale per la guerra erotica!“ Si tratta di una storia scenica eccezionalmente bella e installativa, con semplici mezzi teatrali vengono create immagini di grandi dimensioni. „Volevo davvero portare al Theatertreffen una grande produzione teatrale in lingua italiana , perché  in Ticino vengono prodotti prevalentemente piccoli produzioni – e le produzioni dei diplomati della Scuola Dimitri tendono ad assumere forme più giocose. Inoltre l’Italiano è  una grande lingua di scena!“

„Bias aller retour“ …

– „il pregiudizio“ è una posizione familiare rivolta ai giovani, ma è divertente anche per adulti. Il Théâtre Am Stam Gram è famoso per le  sue produzioni di spettacoli per famiglie e per bambini, il grande Ensemble racconta la propria storia sul problema dell‘ invecchiamento della nonna. Ma la particolarità della produzione è l’orizzonte politico, “il pezzo ha allo stesso tempo un livello umoristico ed è spettacolare a livello tecnico – c’è qualcosa in ballo! I temi sono la morte, la povertà e ciò che può muovere la fantasia.”

Lo spettacolo „Rendez-vous“…

viene direttamente da Eugénie Rebetez, che è ancora poco conosciuta nella Svizzera tedesca, è stata una star celebre nella Svizzera francese. Lavora principalmente con artisti che non provengono dal suo mestiere – sono proprio questi incontri che sta cercando sul palcoscenico. Questo avviene fisicamente come musicalmente, attraverso il movimento, ed è molto diverso in ogni caso. „Ha  da fare con le realtà che queste persone portano con sé. Il risultato è molto tenero e toccante, e porta con sé il fascino della loro persona, ma anche una certa modestia, in quanto Rebetez  cerca davvero ciò che si nasconde tra lei e gli artisti. È rappresentativo per il desiderio di sperimentare altre realtà“, dice Paucker.

„Spero vivamente in inviti successivi, perché è molto urgente. È una coproduzione, la pièce più antisvizzera e più svizzera allo stesso tempo – il tema è svizzero, l’Ensemble è internazionale“.

„I fantasmi stanno tornando“…

viene presentato da un Ensemble tedesco-svizzero-congolese, gli attori sono stati ingaggiati appositamente per questo. Finora l’opera è stata rappresentata con grande successo solo alla Kaserne di Basilea davanti a un pubblico ristretto. „Spero vivamente in inviti successivi, perché si tratta di un’opera molto urgente. È una coproduzione, la più anti-svizzera e la più svizzera. Il soggetto è svizzero, l’Ensemble è internazionale“. Paucker è soddisfatta soprattutto del multilinguismo, le lingue del Congo, la musica, il “Sprechgesang” – un grande concerto dal contenuto documentaristico. Si tratta di un’opera che ruota attorno al comportamento della Svizzera in epoca coloniale. Paucker spiega: „L’attenzione è rivolta a rituali di lutto tradizionali, celebrati a causa di profanazioni di tombe. Si tratta della serietà del tema e del dibattito sulla restituzione. Ma anche sulle conseguenze a lungo termine di colonialismo e sfruttamento. Inoltre, durante il periodo di produzione, un membro dell’Ensemble è morto e quindi la serata è segnata da una tristezza personale, che si sente e viene anche esplicitamente menzionato. Eppure si sperimenta una bella e piacevole serata musicale e teatrale con un richiamo morale, ma non didattico, che  non la prende troppo sul serio e si presenta  molto leggera e conciliante“.

„Da qui anche le parentesi „stravolgimento“ – le cose non sono più certe – e „partenza“ con una nota positiva con l’obiettivo di portare una rifunzionalizzazione dall’uno all’altro“.

Per la direttrice artistica dello Schweizer Theatertreffen Julie Paucker, il tempo emozionante in cui viviamo è emblematico del fatto che le abitudini e le certezze cambiano anche in Svizzera  e possono persino staccarsi. Dice: „Abbiamo una situazione molto privilegiata, spesso ci si chiede come continueranno le cose, come il sistema cambierà e come utilizzare i cambiamenti positivi. Da qui anche le parentesi „stravolgimento“ – le cose non sono più certe – e „partenza“ con una nota positiva con l’obiettivo di portare una rifunzionalizzazione dall’uno all’altro. Questo ha molto a che fare con i pezzi che non sono intenzionalmente selezionati in base a un tema, ma  la realtà per tutti noi è che le cose si spezzano! La collaborazione con „Tasty Future“ completa il programma con la pretesa di poter cambiare le cose in meglio, tra cui un cambiamento nelle massmedia, introdurre i salari di riferimento nel mercato e l’introduzione di un sistema per ridurre la precarietà generale degli artisti“.

Le petit théâtre de Lausanne – le jeune public de demain

Deutsche Übersetzung weiter unten

Niché dans la cité, ce théâtre mythique de Lausanne accueille toute l’année des spectacles pour les plus petits. Comment Sophie Gardaz, comédienne, metteure en scène et directrice du lieu répond à mes questions.

En septembre 2022, elle reçoit le prix Suisse des Arts de la Scène lors d’une magnifique cérémonie au Théâtre de Carouge à Genève. Émue et modeste elle décerne son prix à toutes les personnes qui l’entourent et qui l’aident dans sa tâche de perpétuer l’amour de la scène et de transmettre des émotions au public de demain. Loin du téléphone portable, d’internet, des looks à la mode et d’une génération hyperconnectée, une fois assis dans la salle de spectacle les jeunes écoutent, rient, sourient, émerveillés devant les artistes qui partagent avec eux un moment de leur vie. L’amour des textes qu’elle partage avec les plus jeunes elle le doit à son père, Emile Gardaz.

Loin du téléphone portable, d’internet, des looks à la mode et d’une génération hyperconnectée, une fois assis dans la salle de spectacle les jeunes écoutent, rient, sourient, émerveillés devant les artistes qui partagent avec eux un moment de leur vie.

Viviane Bonelli: Vous avez reçu le prix suisse des arts de la scène, vous avez été très émue et vous avez dédié le prix à toute votre équipe. C’est une reconnaissance pour tout ce que vous faites pour embellir l’esprit des plus jeunes ?

Sophie Gardaz : Les prix sont souvent décernés à l’ensemble d’une carrière d’artiste ou encore à des pères ou mères fondatrices d’un théâtre. J’ai une carrière de comédienne qui est loin derrière moi. Au petit théâtre, j’ai postulé pour reprendre la direction et la ligne artistique des précédents directeurs et je me suis mise au second plan artistiquement. J’ai assumé de mettre ma carrière de côté pour permettre aux artistes de créer dans ce lieu magnifique. Habituellement, ce sont soit des artistes qui font l’identité du lieu (comme le Kléber Méleau par exemple) et qui apportent leur touche et marquent le théâtre de leur propre identité d’artiste ou soit des théâtres comme Vidy ou St-Gervais où les personnes dirigeantes ne sont pas en activité dans leur propre théâtre. J’ai été étonnée de toucher un prix car j’avais plutôt l’impression qu’habituellement c’était plus pour récompenser des carrières individuelles alors c’était d’autant plus important pour moi de partager ce prix avec mon équipe. On est un petit lieu et on a une activité intense mais avec un fonctionnement de toute petite structure.

Habituellement, ce sont soit des artistes qui font l’identité du lieu et qui apportent leur touche et marquent le théâtre de leur propre identité d’artiste ou soit des théâtres comme Vidy ou St-Gervais où les personnes dirigeantes ne sont pas en activité dans leur propre théâtre.

Pourquoi avoir bifurqué dans votre parcours de comédienne et choisi cette voie de directrice de théâtre ?

Quand j’étais comédienne j’étais toujours très intéressée par les enjeux collectifs d’un spectacle avant même de m’intéresser aux personnages de la pièce. On est plusieurs à converger au théâtre pour que le spectacle puisse fonctionner et c’est ce qui m’intéresse. Pendant toute ma carrière, je me suis investie dans mes associations, j’ai été au syndicat, au comité, j’ai défendu la profession au niveau politique, au niveau local, et j’ai toujours été touchée par ces problématiques-là. Faire de la mise en scène m’a montré que j’étais aussi à l’aise pas uniquement sur scène. Le métier a un revers de médaille et il est lourd. Comme par exemple, de ne pas pouvoir toujours choisir et d’être comme un instrumentiste. A contrario les peintres eux peuvent choisir leur art de manière plus personnelle.

Pendant toute ma carrière, je me suis investie dans mes associations, j’ai été au syndicat, au comité, j’ai défendu la profession au niveau politique, au niveau local, et j’ai toujours été touchée par ces problématiques-là.

Faire le métier de comédienne m’a demandé beaucoup de renoncement, de frustration et avec l’âge j’avais moins de proposition et avec un enfant, la situation économique m’a poussée à changer de voie. Je me suis questionnée sur que vais-je faire ces 20 prochaines années? Et j’ai vu passer l’annonce pour le Petit Théâtre et avec mes compétences et mon parcours, c’était dans mes cordes. C’était un beau défi parce que le jeune public a besoin de gens ultras motivés pour défendre l’idée que les acteurs de ce genre de spectacle ont les mêmes enjeux que les autres. Le théâtre jeune public est un théâtre exigent et professionnel et ça m’a plu et donné envie de le défendre.

C’était les enjeux que je m’étais fixés et 15 ans après, beaucoup de spectacles ont été créé ici avec des artistes majeurs. Je ne regrette pas mes choix. On a un taux de fréquentation de plus de 95 % et ça fait 7 ans que c’est comme ça et c’est extraordinaire.

Le petit théâtre était un lieu emblématique et avait une image de marque même s’il était un peu en perte de vitesse. Quand je l’ai repris, l’importance pour moi a été d’offrir aux créateurs des bonnes conditions et d’attirer des personnes qui n’avaient pas forcément pensé à cela. J’ai été en parler auprès des artistes pour qui j’avais de l’admiration et petit à petit ça a porté ces fruits. Certains ont continué à alterner spectacle jeune public et spectacle pour adultes. Les compagnies qui font du jeune public font aussi des autres spectacles et je trouvais plus intéressant d’aller chercher des gens qui venaient du théâtre tout public. Et ça leur plaisait de revenir. C’était les enjeux que je m’étais fixés et 15 ans après, beaucoup de spectacles ont été créé ici avec des artistes majeurs. Je ne regrette pas mes choix. On a un taux de fréquentation de plus de 95 % et ça fait 7 ans que c’est comme ça et c’est extraordinaire. Les gens viennent au petit théâtre même s’ils connaissent peu de choses sur les spectacles car le texte et les acteurs ne sont pas forcément connu. Il y a une confiance du public pour le lieu. Au Petit Théâtre les enfants grandissent et le public se renouvelle sans arrêt comme dans les autres théâtres. On n’a pas de fidèles abonnés car une fois que les enfants ont 10-11 ans, ils ne viennent plus ici et préfèrent aller ailleurs. Nous avons également un public de tout petit. On fait également une création par année de danse contemporaine que l’on programme pendant 3 semaines à raison de 8 à 9 représentations par semaine. Les artistes apprennent énormément de choses car ici les spectacles ont le temps de jouer d’être éprouvé et je sais que pour les comédiens c’est vraiment très précieux.

Le fait d’avoir des acteurs vivant…et l’art vivant emplit de manière irremplaçable l’être humain. Et c’est très réjouissant !

Le milieu culturel et notre rapport à la scène et surtout au public a beaucoup changé avec l’apparition des réseaux sociaux, comment vous positionnez-vous par rapport à cela ?

Chaque jour je m’en étonne mais la relation des spectateurs par rapport au théâtre garde par cette fraicheur et cette entité et n’a pas été banalisée par tous ces écrans qui sont présents aujourd’hui. Le fait d’avoir des acteurs vivant…et l’art vivant emplit de manière irremplaçable l’être humain. Et c’est très réjouissant! Le théâtre garde de sa fraicheur et de sa nécessité et nous le constatons non seulement avec les adultes mais également avec les enfants. Nous ne proposons pas de spectacles pour la tranche des adolescents qui est plus dur à séduire car ils ont envie qu’on les considère comme des adultes. A 7 ans, les enfants sont simplement contents qu’on les considère comme des enfants. A Lausanne, on a eu de la chance pendant le COVID, car on a pu accueillir des classes d’enfants et nos portes ont été ouvertes pendant toute cette période. Celsa Amarelle avait estimé qu’il était plus important de nourrir les enfants que de fermer les portes. Pour les artistes ça a été salutaire pendant cette période car ils venaient de Belgique, de France et de Suisse. La force de l’émotion qu’on éprouve au théâtre quand les personnes sont là devant nous et les choses qu’on éprouve est irremplaçable. Au théâtre c’est l’immédiateté, c’est la vie.

Celsa Amarelle avait estimé qu’il était plus important de nourrir les enfants que de fermer les portes.

Par rapport à des théâtres pour adultes que je côtoie, les parents et les familles sont courageux d’initier leurs enfants à la vie culturelle. Quand c’est pour les enfants, on se motive et on sort. Et ça c’est un effet qui a joué en notre faveur. Depuis 15 ans, j’ai remarqué que les parents qui souhaitent partager avec leurs enfants les arts vivants souhaitent le faire de plus en plus tôt et avec des enfants de plus en plus jeunes. Avant, 5 ans c’était la limite mais aujourd’hui il y a même des spectacles dès 1 an et là il y a une vraie évolution. Il y a une volonté de la part de nos spectateurs de partager des activités culturelles avec les tous petits. Et c’est pas évident comme question, à savoir de se demander quels spectacles faire pour les enfants dès 2 ans. En suisse romande il n’y a quasiment rien. Il y a tout un travail à faire afin de rendre les artistes attentifs à cette évolution et de trouver aussi des spectacles à créer pour cette tranche-là.

Notre particularité en tant que spectacle jeune public et que l’on s’adresse à des élèves et c’est le cœur de notre mission. On ne peut pas faire plus démocratique pour l’accès à la culture.

Et plus tard, il y a une attente particulière du côté de l’adulte qui a vécu cette expérience théâtrale jeune car au final ces enfants venus depuis petits développent leurs regards de spectateurs. Notre particularité en tant que spectacle jeune public et que l’on s’adresse à des élèves et c’est le cœur de notre mission. On ne peut pas faire plus démocratique pour l’accès à la culture. Avec les écoles, on touche vraiment beaucoup d’enfants pour qui c’est la première fois et on fait un gros travail pour toucher tout le canton de Vaud. On essaie de faire des conditions d’accueil financière pour ces classes qui viennent de très loin et on sait que c’est important de montrer aux enfants des spectacles dans un théâtre, avec de la belle lumière, des beaux décors et c’est notre mission d’aller toucher les enfants qui habitent loin et qui grâce à l’école peuvent aller découvrir l’art vivant et leur ouvrir les portes à ce moment-là.


Le petit théâtre de Lausanne – das junge Publikum von morgen

Dieses legendäre, in die Stadt eingebettete Theater in Lausanne veranstaltet das ganze Jahr über Aufführungen für die Kleinsten. Viviane Bonelli aus der Sektion Romandie von SzeneSchweiz – Berufsverband Darstellende Künste trifft Sophie Gardaz, Schauspielerin, Regisseurin und Direktorin des „Le petit théâtre de Lausanne“ zum Gespräch.

Im September 2022 erhält sie bei einer schönen Zeremonie im Théâtre de Carouge in Genf den Schweizer Preis für Darstellende Künste. Gerührt vor Freude und bescheiden wie sie ist, hat sie ihren Preis all den Menschen verliehen, die sie umgeben und ihr bei der Aufgabe helfen, die Liebe zur Bühne zu erhalten und dem Publikum von morgen dadurch Emotionen zu vermitteln. Fernab von Handy, Internet, modischen Looks und einer hypervernetzten Generation beginnen die Jugendlichen, sobald sie im Theatersaal sitzen, zu lachen, lächeln und staunen über die Künstler*innen, die einen Moment ihres Lebens mit ihnen teilen. Die Liebe zu den Texten, die sie mit den Jüngeren teilt, verdankt sie ihrem Vater Emile Gardaz.

Fernab von Handy, Internet, modischen Looks und einer hypervernetzten Generation beginnen die Jugendlichen, sobald sie im Theatersaal sitzen, zu lachen, lächeln und staunen über die Künstler*innen, die einen Moment ihres Lebens mit ihnen teilen.

Viviane Bonelli: Sie haben den Schweizer Preis für Darstellende Künste erhalten, waren sehr gerührt und haben den Preis Ihrem ganzen Team gewidmet. Ist das eine Anerkennung für all das, was Sie tun, um den Geist der Jüngsten zu stärken?

Sophie Gardaz: Preise werden oft für die gesamte Karriere eines Künstlers oder Personen, die ein Theater gegründet haben, verliehen. Ich habe eine Schauspielkarriere hinter mir, die weit zurückliegt. Im Le petit théâtre habe ich mich beworben, um die Leitung und die künstlerische Linie der vorherigen Direktion zu übernehmen, habe mich künstlerisch aber in den Hintergrund gestellt. Ich wollte den Künstler*innen die Möglichkeit zu geben, an diesem wunderbaren Ort kreativ zu sein. Normalerweise sind es entweder Künstler*innen, die die Identität des Ortes ausmachen (wie z.B. Kléber Méleau)  und ihre eigene Note einbringen und das damit Theater prägen, oder Theater wie das Vidy oder St-Gervais, wo die leitenden Personen nicht in ihrem eigenen Theater tätig sind. Ich war überrascht, einen Preis zu erhalten, denn ich hatte den Eindruck, dass normalerweise eher individuelle Karrieren ausgezeichnet werden. Daher war es für mich umso wichtiger, diesen Preis mit meinem Team zu teilen. Wir sind ein tendenziell kleiner Ort und haben viel zu tun, aber wir funktionieren wie eine sehr kleine Struktur.

Normalerweise sind es entweder Künstler*innen, die die Identität des Ortes ausmachen und ihre eigene Note einbringen und das damit Theater prägen, oder Theater wie das Vidy oder St-Gervais, wo die leitenden Personen nicht in ihrem eigenen Theater tätig sind.

Warum haben Sie Ihren Weg als Schauspielerin gewechselt und sich für den Weg der Theaterleiterin entschieden?

Als Schauspielerin, war ich immer an den kollektiven Herausforderungen einer Aufführung interessiert, noch bevor ich mich für die Figuren des Stückes interessierte. Im Theater laufen viele Fäden zusammen, damit die Aufführung funktionieren kann. Während meiner gesamten Karriere habe ich mich in Verbänden engagiert, war in der Gewerkschaft, im Vorstand, habe den Beruf auf politischer Ebene und auf lokaler Ebene verteidigt und war immer von diesen Problemen betroffen. Die Regiearbeit hat mir gezeigt, dass ich mich nicht nur auf der Bühne wohlfühlen kann. Die Kehrseite des Berufes ist schwer, zum Beispiel kann man nicht immer wählen und fühlt sich manchmal instrumentalisiert. Bildende Künstler*innen können im Gegensatz dazu ihre Kunst auf eine persönlichere Art und Weise wählen.

Während meiner gesamten Karriere habe ich mich in Verbänden engagiert, war in der Gewerkschaft, im Vorstand, habe den Beruf auf politischer Ebene und auf lokaler Ebene verteidigt und war immer von diesen Problemen betroffen.

Der Beruf der Schauspielerin hat mir viel Verzicht und Frustration beschert, und mit zunehmendem Alter hatte ich weniger Angebote, und mit einem Kind hat mich die wirtschaftliche Situation dazu gebracht, den Weg zu wechseln. Ich fragte mich: Was werde ich in den nächsten 20 Jahren tun? Dann habe ich die Anzeige für Le petit théâtre gesehen –  mit meinen Fähigkeiten und meinem Werdegang war das genau das Richtige für mich. Es war eine schöne Herausforderung, denn das Theater für junges Publikum braucht Motivierte, die sich für die Idee einsetzen – das Theater für junges Publikum ist ein anspruchsvolles und professionelles, das hat mir gefallen und Lust gemacht, es zu stärken.

Das waren die Herausforderungen, die ich mir gesetzt hatte, und 15 Jahre später wurden hier viele Stücke mit bedeutenden Künstler*innen uraufgeführt. Ich bereue meine Entscheidungen nicht. Wir haben eine Besucherquote von über 95 %, und das seit sieben Jahren, das ist außergewöhnlich.

Auch wenn es ein wenig an Bedeutung verloren hat, war das Le petit théâtre ein symbolträchtiger Ort und hatte bereits ein Markenimage. Als ich es übernommen habe, war es für mich wichtig, den Kreativen gute Bedingungen zu schaffen und Leute anzuziehen, die nicht unbedingt damit rechneten. Ich habe mit Künstler*innen gesprochen, für die ich Bewunderung empfinde. Nach und nach hat das Früchte getragen. Einige haben weiterhin zwischen Aufführungen für junge Zuschauer und solche für Erwachsene gewechselt, aber die Theatergruppen, die für ein junges Publikum arbeiten, machen auch andere Aufführungen. Ich fand es interessanter, Leute abzuholen, die bereits ein breites Publikum erlebt haben und das widerum hat sie angesprochen. Das waren die Herausforderungen, die ich mir gesetzt hatte, und 15 Jahre später wurden hier viele Stücke mit bedeutenden Künstler*innen uraufgeführt. Ich bereue meine Entscheidungen nicht. Wir haben eine Besucherquote von über 95 %, und das seit sieben Jahren, das ist außergewöhnlich. Die Leute besuchen Le petit théâtre aus einer Haltung des Vertrauens, auch wenn die Inszenierungen nicht unbedingt bekannt sind. Im Le petit théâtre erneuert sich das Publikum ständig, wir haben keine treuen Abonnent*innen, sobald die Kinder 10-11 Jahre alt sind, ziehen sie weiter. Jedes Jahr gibt es ausserdem eine Uraufführung von zeitgenössischem Tanz, die wir drei Wochen lang mit acht bis neun Aufführungen pro Woche auf dem Programm haben. Die Künstler*innen lernen sehr viel, die Inszenierungen werden längere Zeit gespielt und geprobt, was für alle wertvoll ist.

Die Tatsache, dass Schauspieler*innen lebe – nund die lebendige Kunst füllt den Menschen auf unersetzliche Weise aus – ist sehr erfreulich!Das Theater behält seine Frische und Notwendigkeit, und das sehen wir nicht nur bei Erwachsenen, sondern auch bei Kindern.

Das kulturelle Milieu und unsere Beziehung zur Bühne und vor allem zum Publikum hat sich mit dem Aufkommen der sozialen Netzwerke stark verändert, wie stehen Sie dazu?

Jeden Tag bin ich erstaunt, aber die Beziehung der Zuschauer*innen zum Theater behält diese Frische und Einheit und ist nicht banalisiert worden durch all die Bildschirme, die es heute gibt. Die Tatsache, dass Schauspieler*innen lebe – nund die lebendige Kunst füllt den Menschen auf unersetzliche Weise aus – ist sehr erfreulich! Das Theater behält seine Frische und Notwendigkeit, und das sehen wir nicht nur bei Erwachsenen, sondern auch bei Kindern. Wir bieten keine Aufführungen für Teenager an, da sie schwerer zu begeistern sind. In Lausanne hatte man während der Pandemie Glück, da man Schulklassen mit Kindern einladen konnte und die Türen während der gesamten Zeit offen standen. Die Juristin Celsa Amarelle war der Meinung, dass es wichtiger sei, die Kinder kulturell zu „nähren“, als die Türen zu schließen. Für die Künstler*innen aus Belgien, Frankreich und der Schweiz war das während dieser Zeit heilsam, denn die Kraft der Emotionen, die man im Theater erlebt, sind unersetzlich. Es geht um Unmittelbarkeit, um das Leben.

Die Juristin Celsa Amarelle war der Meinung, dass es wichtiger sei, die Kinder kulturell zu „nähren“, als die Türen zu schließen.

Eltern und Familien haben generell den Wunsch, ihre Kinder in das kulturelle Leben einzuführen und besuchen dafür gerne das Theater. Das ist ein Effekt, der sich zu unseren Gunsten auswirkt. In den letzten 15 Jahren habe ich festgestellt, dass Eltern, die mit ihren Kindern an der darstellenden Kunst teilhaben wollen, dies immer früher und mit immer jüngeren Kindern möchten. Früher war ab fünf Jahren die untere Grenze, heute gibt es sogar Aufführungen ab einem Jahr, da gibt es eine echte Entwicklung und es ist eine neue eine Bereitschaft zu beobachten. Es muss aber noch viel Arbeit geleistet werden, um die Künstler*innen auf diese Entwicklung aufmerksam zu machen und auch Aufführungen für diese Altersgruppe zu finden.

Unsere Besonderheit als Theater für junges Publikum ist, dass wir uns an Schüler*innen wenden, als Kern unserer Aufgabe. Demokratischer kann man den Zugang zur Kultur nicht gestalten.

Auch haben die Erwachsene mit einer frühen Theatererfahrung später besondere Erwartung, letztendlich entwickeln und schärfen sie ihren Blick als Zuschauer*innen von klein auf. Unsere Besonderheit als Theater für junges Publikum ist, dass wir uns an Schüler*innen wenden, als Kern unserer Aufgabe. Demokratischer kann man den Zugang zur Kultur nicht gestalten. Mit den Schulen erreichen wir wirklich viele Kinder, für die es das erste Mal ist, und wir leisten eine grosse Arbeit, um den ganzen Kanton Waadt zu erreichen. Wir versuchen, für diese Klassen, die von sehr weit her kommen, finanzielle Bedingungen zu schaffen und die dank der Schule die darstellende Kunst entdecken können und ihnen in diesem Moment die Türen öffnen.

Schweizerisches Theatertreffen mit „transkantonalem“ Anspruch

Letzen Mittwoch bis Sonntag fand das Schweizer Theatertreffen in Fribourg statt, Ensemble hat sich mit  Julie Paucker getroffen. Sie ist seit 2022 als künstlerische Leitung engagiert und hat mit der damaligen Geschäftsleitung die Veranstaltung konzeptuell vorangetrieben. Ein Gespräch über die dringliche Rolle der Mehrsprachigkeit im Theater und Kollaborationen über die Kantonsgrenzen hinweg.

Julie Paucker ist von Haus aus Dramaturgin, sie arbeitete in der Schweiz als auch in Deutschland am Theater Basel, am Deutschen Nationaltheater in Weimar und anderen. Mit ihrer transnationalen Kompanie Kula produziert sie mehrsprachige Stücke, diesem Schwerpunkt widmet sie sich nun auch in der Schweiz. Sie meint: „Sowohl die Ästhetik als auch die Theatervorgänge, -abläufe und -prozesse werden inzwischen international anders gedacht und bergen spezielle Herausforderungen.“ Darauf war die 47-Jährige bestens vorbereitet, sie begreift den Unterschied zwischen den Kantonen als Chance, voneinander zu lernen.

„Sowohl die Ästhetik als auch die Theatervorgänge, -abläufe und -prozesse werden inzwischen international anders gedacht und bergen spezielle Herausforderungen.“

Paucker arbeitete während ihres Studiums bei Migros Kulturprozent und weiss daher, dass die Thematik um die Mehrsprachigkeit die Förderer schon längere Zeit beschäftigt. „Diese Frage lässt einen nicht los, sowohl auf künstlerischer Ebene als auch auf struktureller Ebene. Ein Produktionsprozess ist generell spannender, wenn man mit unterschiedlichen Auffassungen arbeitet». Transnationales, oder eben „transkantonales“ Theater interessiert die gebürtige Zürcherin in vielen Aspekten. Es schärfe den eigenen Blick hinsichtlich dessen, was man aus anderen „Theater-Systemen übernehmen, angleichen und verbessern könne“.

„Diese Frage lässt einen nicht los, sowohl auf künstlerischer Ebene als auch auf struktureller. Ein Produktionsprozess ist generell spannender, wenn man mit unterschiedlichen Auffassungen arbeitet.“

Dies gelte auch für die Schweiz, wo verschiedene Systeme wie kleinere Stadttheater, Häuser von nationaler Ausstrahlung und freie Szene nebeneinander existieren. Dazu komme die Romandie, wo man eher auf das Touring-System mit produzierenden und einladenden Häusern setze. Gerade in den Bereichen „Theater-Markt“, Verkauf und Werbung, wie auch bei der Förderung, könne man viel voneinander lernen. Wegen der Sprachdifferenz stehe die Schweiz modellhaft für Europa oder sogar die Welt – eine riesige Chance also, mit kultureller Diversität umzugehen, sie zu begreifen und sich zu Nutze zu machen. Paucker meint dazu: „Danach ist man auch international fit, denn es sind dieselben Fragen, die sich zwischen unterschiedlichen Ländern stellen!“ Es ist somit auch die Kernmission des Theatertreffens, Theater aus allen Regionen zu versammeln und an ein lokales Publikum heranzutragen, zu wachsen zwischen Landesteilen und Theaterschaffende zusammenzubringen. „Es ist immer ein Erlebnis, zu sehen, wie wenig man sich kennt, obwohl man im selben Business, auf vergleichbarem Niveau, und Bekanntheitsgrad arbeitet. Da kann man etwas bewegen!“, ist Paucker überzeugt.

Es ist somit auch die Kernmission des Theatertreffens, Theater aus allen Regionen zu versammeln und an ein lokales Publikum heranzutragen, zu wachsen zwischen Landesteilen und Theaterschaffende zusammenzubringen.

„Mit dem Titel des Rahmenprogramms „Umbruch, Aufbrauch“, möchte ich ein Zeichen setzen. Besonders wächst die Bewusstheit darüber, dass man sich verbinden kann, gemeinsam über Kultur nachdenken und sich inspirieren lassen.“ Ein weiteres Beispiel für die Stärkung ist die diesjährig neue, kooperative Idee des „Salon d’artistes“, eine Tradition aus der Romandie, bei dem Stücke vor Veranstalter*innen präsentiert werden. Damit wird ein Markt generiert und Interesse geweckt, bevor das Stück überhaupt produziert ist. Ausserdem entstehen daraus Ko-Produktionen und Einladungen, nachdem die Stücke gepitcht wurden.

Die Sélection hat als marktorientierteste Veranstaltung das Potenzial, Künstler*innen auf Tour zu bringen. «Es wird viel produziert und zu wenig gezeigt, obwohl das verdient wäre!».

Paucker entscheidet im Alleingang, welchen Künstler*innen sie eine Plattform geben möchte, sie erhält dafür im Vorfeld Unterstützung von Scouts aus den verschiedenen Regionen. Für die Sélection werden fünf Positionen vergeben, die Shortlist dient dazu, den Künstler*innen zu mehr Sichtbarkeit zu verhelfen. Es besteht das Potenzial, „über die Sprachgrenze“ hinaus eingeladen zu werden, die Sélection hat als marktorientierteste Veranstaltung das Potenzial, Künstler*innen auf Tour zu bringen. Paucker meint: „Es wird viel produziert und zu wenig gezeigt, obwohl das verdient wäre!». Primärer Aspekt sei es, den Spagat zwischen Festival, einem lokalen, plus ein gesamtschweizerisches Publikum zu meistern. „Darunter gibt es ganz unterschiedliche Ansichten und Rezeptionen zu Stücken – Theater-Kosmen und Ästhetiken werden teils anders interpretiert und finden nicht immer bei allen Landesteilen Gefallen. Es müssen also Stücke gefunden werden, die dazu verführen, sich mit Theater der anderen Kantone zu beschäftigen. Sie müssen solide sein, einen ästhetischen Anspruch erfüllen und von ganzem Herzen vertretbar!“ Aus diesem Grund hat man sich auch vom Kuratorium und Jury entfernt, Paucker verleiht der Auswahl ihr Profil, „Ich suche in der Gemengelage passende Stücke“, sagt sie und schmunzelt.

„Darunter gibt es ganz unterschiedliche Ansichten und Rezeptionen zu Stücken, Theater-Kosmen und Ästhetiken werden teils anders interpretiert und finden nicht immer bei allen Landesteilen Gefallen. Es müssen also Stücke gefunden werden, die das können und dazu verführen, sich mit Theater der anderen Kantone zu beschäftigen.“

Die Sélection auf einen Blick

Darunter hat „Ödipus Tyrann„…

überzeugt, es handelt sich um ein Powerplay von zwei Frauen unter der Regie von Nicolas Stemann. «Ich habe Frauen noch nie so spielen sehen – die Tragödie wird mit einem grossen Stadttheatergestus vertreten, die Rollen schauspieltechnisch auf hohem Niveau und mit einem extremen Selbstbewusstsein gespielt – was überzeugt und gleichzeitig berührt.» Mit der Eröffnung möchte Paucker ein Zeichen setzen für die grossartigen schauspielerischen Leistungen und Regiehandschriften.

„EWS“

ist eine deutsch-schweizerische Produktion vom Theater Neumarkt, wie der Titel sagt „- Der einzige Politthriller der Schweiz“, und war bisher immer ausverkauft. „In dieser Produktion versammelt sich vieles, was ich persönlich gerne mag. Es ist gleichsam Revue, musikalische Choreografie und „Marthalerisch“ vom Stil her – schräg und skurill mit einem poetisch-dokumentarischen Boden. Für das Theatertreffen ist das Stück wie gespuckt – die Schweiz behandelt einen Politfall, das passt auf vielen Ebenen gut! Gleichzeitig ist das Stück EWS ein Kind unserer Zeit!“ Ein grosser Anteil der Schauspielerinnen sind Laien. «Expert*innen und Zeug*innen des Alltags sind als Praxis neuerdings beliebt!» Ausserdem tritt mit Lara Stoll eine sehr gute Slam-Poetin auf und rundet das Ganze ab.

„In dieser Produktion versammelt sich vieles, was ich persönlich gerne mag. Es ist gleichsam Revue, musikalische Choreografie und „Marthalerisch“ vom Stil her – schräg und skurill mit einem poetisch-dokumentarischen Boden. Für das Theatertreffen ist das Stück wie gespuckt – die Schweiz behandelt einen Politfall, das passt auf vielen Ebenen gut! Gleichzeitig ist das Stück EWS ein Kind unserer Zeit!“

„The Game of Nibelungen“…

findet in Klassenzimmer statt, Paucker sagt dazu: «das Stück ist aber nicht für Kinder – das ist schon der Witz». Laura Gambarini erteilt eine Deutschlektion vor einem vorwiegend frankophonen Publikum, «eine grosse Komödie in a Nutshell – das muss man nicht weiter begründen, es geht um den Röstigraben und die schlechte Sprachkompetenz der Romands».

Bei „Le relazione pericolose“

ist die italienische Version des französischen Briefromans «Gefährliche Liebschaften», Künstlerische Leitung hat der Direktor des Theaters, Carmelo Rifici, übernommen. Paucker erklärt: «Er hat mit verschiedenen Texten gearbeitet, um die philosophische Auseinandersetzung mit Macht, Liebe, Kampf und Krieg anhand der Hauptfiguren durchzuspielen – idealer Stoff für die Kriegsführung in der Erotik!» Es handelt sich um eine aussergewöhnlich schöne, installative Bühnengeschichte, mit einfachen theatralen Mitteln werden grosse Bilder erzeugt. «Ich wollte unbedingt eine grosse Bühnenproduktion aus der italienischen Sprache ans Theatertreffen bringen, wo im Tessin vorwiegend kleinere erarbeitet werden – oder Abgänger*innen der Scuola Dimitri, deren Produktionen eher verspieltere Formen annehmen. Italienisch ist ausserdem eine grossartige Bühnensprache!»

„Bias aller retour“ …

– «das Vorurteil» ist eine Familienposition, die sich an junge Leute richtet, aber auch für Erwachsene unterhaltsam ist. Das Théâtre Am Stam Gram ist berühmt für Familien- und Kinderproduktionen, das grosse Ensemble erzählt eigene Geschichte über die Problematik des Alterns der Grossmutter. Aber das Besondere an der Produktion ist der politische Horizont, „das Stück hat gleichzeitig eine humorvolle Ebene und ist spektakulär auf technischem Niveau- es ist etwas los! Es geht um die Themen Tod, Armut und was Fantasie bewegen kann.“ 

Das Stück „Rendez-vous„…

stammt direkt von Eugénie Rebetez, die, in der Deutschschweiz noch kaum bekannt, in der Romandie ein gefeierter Star ist. Sie arbeitet primär mit Künstler*innen, die nicht aus ihrem Metier kommen – genau diese Begegnungen sucht sie auf der Bühne. Dies passiert physisch wie musikalisch, über Bewegung, und ist in jedem Fall sehr unterschiedlich. «Es hat mit den Realitäten zu tun, die diese Personen mitbringen. Das Resultat ist sehr zart und berührend, und trägt den Charme ihrer Person, aber auch eine gewisse Bescheidenheit, da Rebetez wirklich das Verborgenen sucht, was zwischen ihr und den Künstler*innen liegt. Es wirkt repräsentativ für den Wunsch nach dem Erfahren andere Realitäten.“, erzählt Paucker.

„Ich hoffe sehr auf Folgeeinladungen, denn dies ist sehr dringlich. Es handelt sich um eine Koproduktion, das un-schweizerischste und schweizerischste Stück gleichzeitig – die Thematik ist schweizerisch, das Ensemble international.“

„The Ghosts Are Returning“

wird von einem deutsch-schweizerisch-kongolesischem Ensemble gespielt, die Leute müssen extra hierfür engagiert werden. Bisher wurde das Stück erst in der Kaserne Basel mit grossem Erfolg aber vor wenig Publikum gespielt. «Ich hoffe sehr auf Folgeeinladungen, denn dies ist sehr dringlich. Es handelt sich um eine Koproduktion, das un-schweizerischste und schweizerischste Stück gleichzeitig – die Thematik ist schweizerisch, das Ensemble international.» Paucker freut besonders die Mehrsprachigkeit, die Sprachen aus dem Kongo, die Musik, der Sprechgesang – ein grosses Konzert mit dokumentarischem Inhalt. Es dreht sich um das Verhalten der Schweiz in Kolonialzeiten, Paucker erklärt: «Im Fokus stehen traditionelle Trauerrituale, welche aufgrund von Grabschändungen zelebriert wurden. Es geht um den Ernst des Themas und die Restituierungs-Debatte. Aber auch um die längerfristigen Folgen von Kolonialismus und Ausbeutung. Zusätzlich ist während der Produktionszeit ein Ensemblemitglied gestorben und damit spielt eine persönliche Trauer mit in den Abend, was man spürt und auch explizit erwähnt wird. Und dennoch erlebt man einen schönen, lustvollen und musikalischen Theaterabend mit einem moralischen, aber nicht belehrenden Apell, der sich nicht zu ernst nimmt und sehr leicht und versöhnlich wirkt.“

„Deshalb auch die Klammern „Umbruch“ – Sachen sind nicht mehr gewiss – und „Aufbruch“ mit einer positiven Note, und dem Ziel, eine Umfunktionierung vom einen zum andern herbeizuführen.“

Für die künstlerische Leiterin des Schweizer Theatertreffen Julie Paucker steht die aufwühlende Zeit, in der wir leben, sinnbildlich dafür, dass Gewohnheiten und Gewissheiten auch in der Schweiz sich verändern und sogar wegbrechen können. Sie sagt: „Wir haben hier eine sehr privilegierte Lage, es stellt sich oft die Frage, wie es weiter geht, wie sich das System verändert, und wie man die positiven Veränderungen nutzen kann. Deshalb auch die Klammern „Umbruch“ – Sachen sind nicht mehr gewiss – und „Aufbruch“ mit einer positiven Note, und dem Ziel, eine Umfunktionierung vom einen zum andern herbeizuführen. Das hat viel mit den Stücken zu tun, die absichtlich nicht nach einer Thematik ausgewählt sind, jedoch der Realität für uns alle entsprechen, dass Dinge auseinanderbrechen! Die Kooperation mit „Tasty Future“ rundet das Programm ab den Anspruch, Dinge zum Positiven verändern zu können, darunter einen Umbruch in den Medien herbeizuführen, Richtlöhne im Markt zu setzen und das allgemeine Prekariat unter den Künstler*innen zu vermindern.“

 

 

„Existenzen sind bedroht, Arbeitsplätze gehen verloren“

Die beiden Kleintheater Keller62 und STOK verlieren voraussichtlich ihre städtische Kulturförderung. Das kann das Ende für diese Bühnen bedeuten. ENSEMBLE Magazin im Gespräch mit dem Leiter des Keller62, Lubosch Held-Hrdina. Er ist neben seiner leitenden Funktion am Theater auch als Regisseur, Autor, Übersetzer, Coach, Workshopleiter und Trainer tätig und setzt sich gezielt für den Erhalt der beiden Spielorte ein. Held-Hrdina ist davon überzeugt, dass genau solche Kleinsttheater den eigentlichen Charme der Stadt Zürich ausmachen.

Bilder: zvg Theater Keller62

Einführend das Statement von Salva Leutenegger, Geschäftsführerin von SzeneSchweiz (Verband Darstellende Künste):

„Als Berufsverband der Darstellenden Künstler*innen bedauern wir den Entscheid der Stadt Zürich, zwei Kleintheatern (Stok und Keller62) die Subventionen zu streichen. Mit diesem Entscheid baut die Stadt Arbeitsplätze für professionelle Künstler*innen ab, welche schon in prekären Verhältnissen leben müssen. Mit dem neuen Programm Konzeptförderung Tanz und Theater führt die Stadt einen ungesunden Wettbewerb unter Theaterhäusern ein, der letztlich zu Lasten der Theaterschaffenden und des Publikums geht. Corinne Mauch beklagt im Artikel „Zürcher Kultur-Subventionen – Für den Keller62 und das Theater Stok wird es eng“ im Tages-Anzeiger vom 18.04. die mangelnde Vielfalt der betroffenen Theater. Aber gleichzeitig wird mit der Streichung der Subventionen die Vielfalt der Kleinkunst vernichtet. Am Ende gibt es nur Verlierer.“

Interview

 

Ensemble Magazin: Wie sah die bisherige Situation des Theaters aus und was hat sich geändert?

Lubosch Held-Hrdina: Seit mehreren Jahrzehnten leisten die beiden kleinsten Zürcher Theater, Keller62 und STOK, grosse und engagierte Arbeit im Bereich Sprech- und Tanztheater. Sie haben sich ein Publikum erspielt, ohne jegliche Unterstützung begonnen, dann eine erste öffentliche Unterstützung bekommen, bis die Kontinuität und die Qualität ihrer Arbeit schliesslich in Form von (zunächst sehr kleinen) Subventionsbeiträgen gewürdigt wurde. Die Qualität ihrer Arbeit wurde stets geprüft und für unterstützungswürdig befunden.

Nun haben die Stadt Zürich und Frau Corine Mauch entschieden, sie ab 2025 nicht mehr unterstützen zu wollen. Laut Stadtrat tragen die beiden Theater und ihre Konzepte zu wenig zur Vielfalt des kulturellen Angebots, zur Innovation und zur Vernetzung der Tanz- und Theaterlandschaft bei. Man stuft die Bedeutung der beiden Theater für die Gesamtlandschaft als zu wenig dringlich und überzeugend ein.

Was bedeuten die Veränderungen spezifisch für euch und was ist daran ungerecht?

Wir sind schockiert. Existenzen sind bedroht, Arbeitsplätze gehen verloren, auch die Tradition scheint nicht viel zu zählen. Von dem ganzen Herzblut gar nicht zu reden.

Was, denken Sie, passiert mit dem Publikum?

Es ist ein Trugschluss, zu denken, dass sich das Publikum auf andere Häuser umlenken lässt. Und: Wenn diese zwei traditionsreichen „Kleinsthäuser“ wirklich zugehen sollten, würden die Theaterschaffenden zwei Spielorte verlieren, die für sie ebenfalls existenziell sind. Es bereitet mir grosse Sorgen, wo die Betroffenen in Zukunft ihrer Arbeit nachgehen sollen. Der Keller62 decke eine Nische ab, die alle anderen geförderten Theater nicht bespielen — all die Produktionen, die von den stark durchprogrammierten, beziehungsweise kuratierten Häusern nicht berücksichtigt werden können, finden hier eine Bühne.

Es werden Existenzen bedroht, Arbeitsplätze gehen verloren, auch die Tradition scheint nicht viel zu zählen.

Hier spielen besonders der Nachwuchs eine Rolle, als auch Theaterschaffende, die im „normalen“ Theaterbetrieb oftmals keinen Stand mehr finden, weil sie beispielsweise zu alt sind. Der Keller62 kann somit als Schnittpunkt in der Kulturlandschaft verstanden werden und erzeut eine unheimlich wertvolle Energie und Kreativität. Das merkt auch das Publikum, welches gerne solche Kleinode besucht, auch weil sie fern von jeglichem Schickschnack sind, und das pure Herz ist hier zum Greifen nah ist. Intimer geht es kaum. Konkret und ohne Emotion lässt sich die Situation so zusammenfassen: In den beiden Kleintheatern finden pro Saison zusammengerechnet etwa 280 Aufführungen mit allen Konsequenzen (Arbeitsplatz, Spielort, Publikum, Kurse, etc.) statt. Es stellt sich für mich die dringliche Frage, wie die Zukunft der beiden Kleintheater aussieht.

Der Keller62 kann somit als Schnittpunkt in der Kulturlandschaft verstanden werden und erzeut eine unheimlich wertvolle Energie und Kreativität.

Was zeichnet den Keller62 desweiteren als Spielstätte im Hinblick auf die Kulturlandschaft in Zürich aus?

Der Keller62 ist zudem auch eine zuverlässige Anlaufstelle für auswärtige Gastspiele. Zum Beispiel die Bündner Theaterschaffenden, die ihre Stücke auch in Zürich zeigen wollen. Es gibt auch regelmässige Kontakte zum Rätoromanischen, oder ins Tessin, Freiburg, Berlin, und Prag. Zudem gibt es  zwei Festivals, wo die verschiedenen Sprachen sich kreuzen. Ich frage mich, wo all diese Projekte nun gespielt werden sollen? Was passiert mit dem Publikum, das all diese Stücke sehen will? Und eben, die Newcomer und „Oldcomer“, die sich gegenseitig in ihrem Schaffen befruchten. Wir fördern neue Gruppen, haben auch einen speziellen Kanal dafür, wir wollen das Theater ins Leben bringen. Wir machen Workshops. All das stärkt die Diversität und Teilhabe ungemein. Soll das alles verschwinden?

Wir fördern neue Gruppen, haben auch einen speziellen Kanal dafür, wir wollen das Theater ins Leben bringen. Wir machen Workshops. All das stärkt die Diversität und Teilhabe ungemein.

Die Absurdität der Entscheidung wird einem bewusst, wenn man aus der stadträtlichen Begründung erfährt, was die Jury empfieht. Sie möchte den Keller62 und das Theater STOK als Spielorte für die Freie Szene aufrecht erhalten. Diese Orte würden benötigt, weil der Bedarf an geeigneten Räumlichkeiten in der Zürcher Tanz- und Theaterlandschaft gross ist und deswegen ihre Schliessung für die Gesamtlandschaft und ihre potenzielle Vielfalt nicht förderlich wäre. Was ja auch stimmt, die Not an Spielorten ist gross, gerade nach Corona. Aber gleichzeitig wird uns die Subvention gestrichen? Wie geht das zusammen?

Wie begründet die Jury diesen Entscheid?

Den beiden Häusern würde es an Vielfalt und Vernetzung fehlen, meint die Jury des Stadtrats. Der Keller62 würde zu wenig zur Vielfalt des Angebots, zur Innovation und zur Vernetzung der Tanz- und Theaterlandschaft beitragen. Beim STOK wird ein ähnliches Urteil gefällt – was beides befremdlich ist.

Das neue Förderungsmodell hinterlässt viele Fragen und viele unschöne Baustellen, auch bei den Institutionen, die weiterhin gefördert werden sollen.

Wie fallen die Reaktionen darauf aus?

Wie man hört, herrscht nach diesen Entscheiden fast in der ganzen Szene ein Erwachen. Das neue Förderungsmodell hinterlässt viele Fragen und viele unschöne Baustellen, auch bei den Institutionen, die weiterhin gefördert werden sollen. Denn auch bei ihnen decken sich Versprechungen und Erwartungen nicht mit dem Resultat. Ich finde folgenden Umstand bemerkenswert: Am Anfang der neuen Förderung vor 7 Jahren vergab die Stadt Zürich einen grossen Auftrag an eine externe Firma, die „Integrated Consulting Group“ aus Graz, Österreich. Sie sollte für viel Geld die gesamte Theaterlandschaft auf Herz und Nieren prüfen. Dies tat sie auch. Das Resultat war eigentlich sehr erfreulich, denn die Befürchtung, es gäbe ein Überangebot bestätigte sich überhaupt nicht. Im Gegenteil, es bescheinigte Zürich einen guten Wachstum und eine gesunde, diverse und gut entwickelte Theaterszene. Warum hat sich der Stadtrat nicht daran orientiert und streicht nun ausgerechnet den zwei kleinsten, schwächsten und billigsten Kleintheatern die Subvention? Was ist der Sinn und die Logik? So viel Theater für so wenig Geld liefert sonst keine andere Bühne der Stadt.

Nicht nur die Vielfalt von Inhalt, Häusern, Gruppen und Publikum wird durch die neue städtische Förderung beschnitten, sondern es wird auch die Entwicklung der ganzen Theaterlandschaft erheblich erschwert, bis verhindert.

Was könnten mögliche Konsequenzen darauf sein?

Bei der nächsten Subventionsvergabe wird wohl wieder ein Theater gestrichen werden, denn dies ist das Prinzip des neuen Fördermodells – der Wettbewerb an sich. Aber darf man Kunst überhaupt in einen existentiellen Wettbewerb schicken? In Zukunft wird jede Weiterentwicklung eines Hauses nur auf Kosten eines anderen Theaters möglich sein. Das soll Fortschritt und Innovation sein? Nicht nur die Vielfalt von Inhalt, Häusern, Gruppen und Publikum wird durch die neue städtische Förderung beschnitten, sondern es wird auch die Entwicklung der ganzen Theaterlandschaft erheblich erschwert, bis verhindert.

Die positive Energie, die dieses aussergewöhnliche Theater besitzt, ist einmalig. Dieser mauersteinige Keller hat uns, und vielen anderen, so viel gegeben, jetzt ist es an der Zeit, ihm etwas zurückzugeben.

Wie sieht die mögliche Zukunftsplanung aus und/oder was sind Lösungsansätze für die bestehende Problematik?

Ich denke, (auch wenn ich jetzt nur für den Keller62 spreche, weil die Situation im STOK noch viel komplizierter ist,) der Keller62 wird auch diese Katastrophe umschiffen und oder lösen können. Die positive Energie, die dieses aussergewöhnliche Theater besitzt, ist einmalig. Dieser mauersteinige Keller hat uns, und vielen anderen, so viel gegeben, jetzt ist es an der Zeit, ihm etwas zurückzugeben. Wir kämpfen, damit er am Leben bleibt! Auch weil so viel daran hängt. Nicht nur Einzelschicksale mit Kindern und Familien, sondern auch ganze Entwicklungen. Es ist klar, ein Theater ohne eine Subvention zu betreiben ist praktisch unmöglich. Aber wir werden versuchen, auch mit der Stadt Zürich, eine andere, oder neue Lösung zu finden. Und wir werden sofort mit dem Aufbau einer Lobby beginnen. Diese beiden Theater müssen erhalten bleiben, da sind wir uns ja mit der Jury einig. Auch die enorme Solidarität ist gut spürbar. Und wird immer stärker. Gleich nach der Bekanntmachung haben sich die ersten Menschen gemeldet, die uns helfen wollen. Leider war bisher kein Grossgönner dabei – dann wären wir unabhängig.

Was ist sonst noch geplant im Rahmen aktivistischer Arbeit?

Wir werden zudem eine Kampagne starten. Und in neue Richtungen denken, beispielsweise die Grossen für die Kleinen begeistern. Neue Szenarien entwickeln. Aber selbst dann wird es knapp, eine echte Zukunft ohne Subvention ist kaum möglich. Kein Theater der Welt kann das stemmen. Aber eine Subvention ist relativ. Wir sprechen da von etwa 300 Subventionsfranken pro Vorstellung, mit denen die beiden Kleinstbühnen im Schnitt und pro Vorstellung von der Stadt bisher unterstützt wurden. Für den Vergleich, beim grössten Zürcher Theater sind es etwa 78 000.- Franken und bei den übrigen kleinen Häusern beträgt dieser Mittelwert etwa 3 500.- Subventionsfranken pro Vorstellung. Wo ist die Logik? Der Keller62 und das STOK bekommen im Schnitt 300 Subventionsfranken pro Vorstellung. Die Stadt Zürich möchte nun dieses Geld für sich gewinnen. Und verliert dabei so viel.

Also lautet mein Wunsch an die Politik, bitte züchten sie keine kulturellen Hochleistungsbetriebe, die einander immer ähnlicher werden. Richten sie Ihren Blick nicht nur an die Spitze und ihre Topleistungen, folgen Sie nicht nur dem Glanz. Jede Pyramide braucht ein gutes Fundament. Unterstützen sie die Basis, die kleinen und kleinsten Spielorte der Kunst, des Theaters. Denn sie sind es, die Ihnen aus tiefster Überzeugung die späteren Erfolge bringen, die nach ganz Europa strahlen.

Wie sehen eure Wünsche seitens Politik aus?

Die Kreativität, aber auch die Leistung, entsteht an der Basis. Also lautet mein Wunsch an die Politik, bitte züchten sie keine kulturellen Hochleistungsbetriebe, die einander immer ähnlicher werden. Richten sie Ihren Blick nicht nur an die Spitze und ihre Topleistungen, folgen Sie nicht nur dem Glanz. Jede Pyramide braucht ein gutes Fundament. Unterstützen sie die Basis, die kleinen und kleinsten Spielorte der Kunst, des Theaters. Denn sie sind es, die Ihnen aus tiefster Überzeugung die späteren Erfolge bringen, die nach ganz Europa strahlen. Viel Mondänes und Übersattes zeigt Zürich der Welt – aber sind es nicht Orte wie der Keller62, die den wahren Zauber dieser Stadt ausmachen? Schenken Sie dem Keller62 und dem Theater STOK Ihr Herz.

Die Stadt Zürich spart durch die Streichung der beiden Subventionen Sfr. 83 500.- jährlich ein und verzichtet dafür auf zwei dringend benötigte, etablierte Spielorte mit durchschnittlichen 279 Vorstellungen und 86 Produktionen pro Jahr. Die Vorstellungen im Keller62 und im Theater STOK werden von der Stadt Zürich zusammengerechnet mit Sfr. 299 pro Vorstellung subventioniert. Durchschnittlich werden die übrigen Zürcher Kleintheater mit Sfr. 3 476.- pro Vorstellung subventioniert, das Schauspielhaus mit Sfr. 78 000. (Quelle hier)

Theater Keller62 

  • Seit 1999 fanden hier 1086 Produktionen mit 2890 Vorstellungen statt.
  • Das sind im Schnitt 45 Produktionen und 121 Vorstellungen pro Jahr.
  • Weiter veranstaltete Keller62 zusätzlich an die 35 Workshops. Sie wurden von über 220 Menschen in insgesamt 26 400 Stunden besucht.
  • Der interne Proberaum wird kostengünstig der Freien Szene zur Verfügung gestellt.
  • Der Keller62 hat eine Selbstfinanzierungsquote von über 70%. Die Auslastung beträgt 71,3 %.
  • Jährliche Gesamteinnahmen/Ausgaben Verein Keller62: ca. Sfr. 180 000.-
  • Das Theater wird mit einem städtischen Beitrag von Sfr. 50 000.- unterstützt.

Theater STOK

  • In den letzten 10 Jahren fanden hier 403 Produktionen mit 1584 Vorstellungen statt.
  • Das sind im Schnitt 40 Produktionen und 158 Vorstellungen pro Jahr.
  • Das Theater STOK hat eine Selbstfinanzierungsquote von über 75%. Die Auslastung beträgt 75,0 %.
  • Jährliche Gesamteinnahmen/Ausgaben Verein STOK: ca. Sfr. 180 000.-
  • Das Theater wird mit einem städtischen Beitrag von Sfr. 33 500.- unterstützt (exkl. Miete)

 

SzeneSchweiz: Dance Passport und Weiterbildungsangebote (Workshops)

Im Rahmen von Dance Passport unterstützt SzeneSchweiz Tänzerinnen und Tänzer aus dem Ausland, die für kurzzeitige Engagements in der Schweiz sind. SzeneSchweiz beantwortet unter anderem Fragen zu Gagen, Arbeitsverträgen, Arbeitsbedingungen und Versicherungen. Für Mitglieder, die für kurze Zeit im Ausland engagiert sind, gilt umgekehrt dasselbe Angebot: Sie können bei Fragen die lokalen Künstlerverbände in Europa kontaktieren. Die häufigsten Fragen (FAQ) werden auf der interaktiven Europakarte von Dance Passport beantwortet.

„Ziel des Tanzpasses ist es, eine Quelle der Unterstützung für professionelle Tänzer im Zusammenhang mit der Mobilität zu sein. Er ist ein gewerkschaftliches Solidaritätsnetz für Tänzer im Ausland. Tänzerinnen und Tänzer, die in ihrem Heimatland Mitglied einer Gewerkschaft sind, können während eines kurzen Arbeitsaufenthalts in einem europäischen Land, in dem es eine teilnehmende Gewerkschaft gibt, die Unterstützung und die Dienste der örtlichen Gewerkschaft in Anspruch nehmen.“

Hier geht es zu den Angeboten des Dance Passports.


Weiterbildungsangebote für Mitglieder

SzeneSchweiz unterstützt Ihre Weiterbildung mit folgenden Angeboten:

CHF 100: Individuelle Weiterbildung für Mitglieder, sofern sie einen beruflichen Hintergrund hat. Eine entsprechende Bestätigung muss eingesendet werden. Diese Unterstützung ist einmalig und kann nicht mit anderen Angeboten (Kulturmarkt und Gesang) kumuliert werden.

CHF 200: Stay tuned – Coaching in Kooperation mit dem Kulturmarkt

Ein neues Angebot für alle festangestellten und freischaffenden SzeneSchweiz-Mitglieder, die NICHT beim RAV angemeldet sind. Diese Angebot richtet sich an Mitglieder pro Jahr für ein individuelles Coaching beim Kulturmarkt. Diese Unterstützung ist einmalig und kann nicht mit anderen Angeboten (individuelle Weiterbildung und Gesang) kumuliert werden.

CHF 200: Training mit KorrepetitorInnen pro Mitglied und Jahr – gilt für alle festangestellten und freischaffenden SängerInnen, die NICHT beim RAV angemeldet sind. Sänger*innen haben die vornehme Pflicht, ihre Stimme stets im Training zu halten, ob für das Vorsingen oder für das bevorstehende Engagement: Sechs KorrepetitorInnen stehen in Basel,  St. Gallen und Zürich zur Verfügung (1 Std. zu CHF 80). Für die gebuchten Stunden muss eine Bestätigung eingereicht werden, das Angebot gilt einmalig und kann nicht mit anderen Angeboten kumuliert werden.